Designated Survivor 1x14 "Commander-in-Chief": la recensione

La nostra recensione del quattordicesimo episodio di Designated Survivor, intitolato Commander-in-Chief

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Spoiler Alert
Commander-in-Chief, pur fornendoci qualche nuovo pezzo del puzzle costituto dalla misteriosa cospirazione che ha cancellato il governo degli Stati Uniti, non ci dà molte indicazioni sulle motivazioni o sulle persone e, come sottolinea la stessa Hannah Wells alla fine dell'episodio, il suo lavoro di indagine per scovare i responsabili di quanto accaduto non è nemmeno cominciato.
Grazie ad Aaron Shore, che per la fine della puntata presenterà al Presidente le proprie dimissioni, l'unico altro sopravvissuto all'esplosione del Campidoglio, nonché ex Capo dello Staff del defunto predecessore di Kirkman, Charlie Langdon si consegna all'FBI per aver salva la vita e confesserà di aver instaurato una relazione con una donna di nome Claudine Poye, che poi lo ricatterà, alla quale ha consegnato i piani di sicurezza del Campidoglio, la stessa donna che ha rapito ed ucciso il figlio dell'ex capo di Hannah per ricattarlo.

In termini di grandi rivelazioni questo episodio, come dicevamo, non fornisce molte informazioni utili ai fini della risoluzione della cospirazione e serve più che altro a salutare temporaneamente il personaggio di Aaron, fornire a Kirkman l'opportunità di dare ad Hannah carta bianca per le sue indagini ed introdurre l’ex Presidente Cornelius Moss, che accetterà l'incarico di Segretario di Stato affidatogli da Tom. La cosa forse più difficile da accettare per Kirkman, tuttavia, sarà la dichiarazione di Langdon che la sua aguzzina, come ultima richiesta, aveva  preteso che lui facesse con il Presidente il nome di Tom come successore designato, suggerendo la possibilità che chiunque sia a capo di questa cospirazione e qualunque sia il motivo per cui sta facendo ed ha fatto ciò che ha fatto, non ritiene Tom all'altezza del ruolo e pensa che non sia un ostacolo per i suoi piani.

Non è la prima volta che nello show viene suggerito il fatto che Kirkman non sia all'altezza dell'impossibile ruolo che gli è stato affidato, ma resta comunque una questione molto delicata da affrontare per il protagonista, soprattutto quando la sua indecisione ha fatto dubitare il pubblico stesso delle sue capacità o il suo continuo dibattere su cosa sia moralmente giusto sembra renderlo inadatto ad un ruolo di comando. Tutto questo avviene inoltre con una nuova crisi che bussa alla porta, un signore della guerra in Africa, rapisce infatti alcuni cittadini americani e Tom viene chiamato a decidere tra liberarli o attaccare militarmente il criminale per impedire che prenda possesso del paese perpetrando il genocidio portato avanti dalle sue truppe. Fortunatamente Kirkman non si troverà da solo in queste circostanze, torna infatti alla Casa Bianca,Cornelius Moss (Geoff Pierson) che si rivelerà strumentale nella soluzione della crisi e soprattutto gli dirà una frase che lo colpirà particolarmente e cioè che fino ad ora la sua presidenza si è basata su una reazione a diverse circostanze, ma che non ha mai davvero cominciato a governare il paese prendendo decisioni pro-attive per portarlo fuori dalla terribile crisi in qui ha rischiato di cadere da dopo l'attentato.

Quello che adesso, pur con la sua evidente invadenza, sembra comunque un alleato, siamo piuttosto certi che in futuro finirà per avere qualche serio conflitto con il Presidente e Kirkman e Moss non sembreranno più la squadra affiatata che ci è stata mostrata oggi, dopotutto lo show stesso ci ha insegnato, da spettatori, a non fidarci di nessuno, nemmeno delle apparenze. Proprio come accaduto nel caso di Aaron, la cui perdita si farà certamente sentire. Che il personaggio non fosse coinvolto nella cospirazione lo avevamo suggerito già dalla settimana scorsa ed il vero problema, come avevamo accennato, si è proprio rivelata la sua mancanza di lungimiranza che gli ha forse scioccamente fatto pensare di poter continuare a fare politica nello stesso modo in cui la faceva prima dell'attentato. Quanto accaduto, tuttavia, ha profondamente cambiato le regole del gioco e Aaron ha finito per rimanere coinvolto da questa difficile situazione a sue spese: le dimissioni erano quindi inevitabili, perché, proprio come spiega il personaggio, la presidenza non può permettersi ulteriori colpi, non in circostanze così delicate ed anche solo il sospetto del suo coinvolgimento nella cospirazione, potrebbe essere sufficiente ad indebolire il ruolo del Presidente.

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