Designated Survivor 1x06 "The Interrogation": la recensione

La nostra recensione del sesto episodio di Designated Survivor, intitolato The Interrogation

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Spoiler Alert
Tom Kirkman, come indipendente - che per la politica americana significa non iscritto al partito Democratico né a quello Repubblicano - sente di essere l'uomo del cambiamento, è questo ciò che dice ai pochi Governatori superstiti con i quali deve collaborare per ristabilire lo status quo e ridare all'America un Governo vero e funzionante, in modo che tutti i cittadini abbiano il loro rappresentante. Ma pur credendo fortemente in queste parole, il personaggio o meglio gli autori, ricadono nell'adagio dell'uomo indeciso ed in continuo contrasto con la fiducia che dimostra di avere in se stesso. Dopo aver infatti accettato di essere sottoposto ad un fuoco di fila di domande dei Governatori, prima che loro accettino di appoggiarlo nella formazione del nuovo Governo, Kirkman, posto di fronte alla domande sul perché loro debbano accettarlo come Presidente, cede e lascia addirittura la stanza senza rispondere. Sebbene, al livello umano, la sua reazione e le sue preoccupazioni siano comprensibili, il suo atteggiamento conservativo comincia a dare un po' troppo sui nervi: se il punto della questione era dimostrare ai Governatori di essere la persona giusta per la presidenza in un momento tanto delicato per il paese, sarebbe forse auspicabile che dimostrasse maggiore convinzione e non si ritirasse come un cucciolo smarrito bisognoso delle parole di conforto e di incoraggiamento del proprio staff per fare qualcosa che, nel profondo, sa di poter fare. Il tempo della falsa modestia deve finire.

Nonostante questo non trascurabile problema di fiducia che assilla il neo Presidente, alla fine Kirkman dimostrerà, come ha già fatto in altre occasioni, di saper prendere anche delle decisioni impopolari per risolvere un problema contingente. In questo caso, la questione che gli viene posta di fronte è particolarmente delicata: chiudere momentaneamente in confini del paese agli immigrati per avere l'appoggio dei Governatori alla formazione di un nuovo Governo. Il pomo della discordia è un aereo pieno di rifugiati Siriani ai quali, prima dell'attentato, era stata offerta e promessa ospitalità. L'aereo in questione è fermo il Florida ed i Governatori vogliono che il Presidente lo rimandi indietro chiudendo momentaneamente i confini del paese. Ad opporsi alla richiesta, come se le cose non fossero abbastanza delicate, arriva Alex Kirkman in persona, in quanto avvocato esperta di immigrazione, quando la donna viene a sapere che il marito ha accettato le condizioni dettate dai Governatori, si dimostrerà molto delusa dalla sua scelta. Ma Tom difenderà la sua scelta con la moglie sottolineando, prima di tutto, come i rifugiati in questione non verranno rimandati in Siria, ma saranno accolti in Canada e, in secondo luogo, come la posizione in cui era stato messo, non gli avesse dato altra scelta. Tom sta probabilmente cominciando a capire il genere di sacrifici che dovrà fare se vorrà rimanere Presidente e come non sempre potrà fare di ogni problema una questione di principio, mentre Alex dimostra ancora una certa ingenuità nel pensare che Tom, che ha ricoperto ruoli istituzionali decisamente meno importanti, possa davvero avere il lusso di fare sempre la scelta moralmente più corretta a discapito di quella più opportuna. Le carte con cui stanno giocando ora sono decisamente cambiate, sarà quindi meglio che entrambi se ne rendano conto prima che sia troppo tardi.

Un altro - pericoloso - campanello d'allarme, viene infatti da Seth Wright il quale, dopo una cena di gala, scopre di avere un certo feeling con una giornalista che deciderà di invitare fuori per un appuntamento. Come era prevedibile la donna lo metterà però in una difficile posizione, quando gli chiederà di commentare le parole di "una fonte anonima," che asserisce che Leo non sia il figlio del Presidente Kirkman. Che lo scandalo sarebbe scoppiato era inevitabile, il che non vuol dire che gli autori contassero sull'elemento sorpresa, era più questione di "quando", piuttosto che di "se" questo segreto sarebbe diventato di pubblico dominio. Abbiamo visto Tom affrontare con un certo coraggio difficili crisi politiche, ma come prenderà il tradimento della moglie?

La parte più interessante dell'episodio, è tuttavia quella dedicata all solitaria indagine di Hannah e Jason Atwood, ai quali viene data l'opportunità unica di interrogare Majid Nassar, ritenuto il responsabile dell'attentato al Campidoglio. Il problema è che i due hanno ormai un certo numero di informazioni tali da poter effettivamente istruire un caso e non solo dei sospetti o delle sensazioni: per quale ragione quindi Jason sembra tanto reticente nel voler condividere tutte le prove che hanno raccolto? Più il tempo passa, più MacLeish avrà l'opportunità di tessere la propria tela intorno a Tom e conquistarsi la sua fiducia come vice-preseidente, mettendo invece Hannah nella condizione di non essere creduta: è possibile quindi che quello che sembra il genuino desiderio del suo capo di aiutarla, sia solo un modo per controllare Hannah e gli sviluppi della sua indagine? E' una coincidenza che Nassar sia morto proprio dopo aver fatto il nome di Catalan? E davvero Hannah e Jason, se pensavano che questo nome è legato ad una cospirazione di così alto livello, credevano di poter semplicemente consultare il database dell'FBI per trovare informazioni? E anche nel caso in cui Jason non fosse coinvolto nella cospirazione, non è possibile supporre che aver avviato quella ricerca possa aver messo in allarme i veri responsabili dell'attentato?

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