Deserto Particular, la recensione
Spaccato in due fra denuncia sociale e utopia romantica, Deserto Particular affascina ma sembra indeciso su che strada prendere
La recensione di Deserto Particular, il nuovo film diretto da Aly Muritiba, al cinema dall’11 gennaio.
Daniel (Antonio Saboia) viene sospeso dal corpo di polizia per un episodio di violenza nei confronti di una recluta. È in difficoltà economiche, deve badare al padre malato di Alzheimer, e non accetta la notizia del fidanzamento di sua sorella con una donna. Un giorno molla tutto e parte per Bahia, sperando di incontrare Sara (Pedro Fasanaro) con cui ha iniziato una relazione online. Ma la scoperta dell’identità queer della ragazza lo manda in ulteriore crisi.
È quasi un peccato che questi due spaccati umani debbano incontrarsi. Non perchè sia impossibile o sbagliato immaginare per loro una salvezza, ma perchè questo avviene in modo fin troppo edulcorato, fino a dare l’impressione di una fuga conciliatoria dalla realtà. Da una parte, come dice Giancarlo Zappoli su MyMovies, "non dev'essere stato facile realizzare questo film nel Brasile (...) del negazionista Bolsonaro". Dall’altra farlo con uno scenario da “migliore dei mondi possibili” rischia paradossalmente di ottenere l’effetto opposto; quello di dipingere una società rovesciata, dove i poliziotti violenti si redimono e si scoprono repressi, e le persone queer sfuggono facilmente all’intolleranza e alla violenza delle periferie rurali. Per quanta simpatia possa ispirare uno sguardo così utopico, evocare quei fantasmi per poi disfarsene tanto facilmente lascia con l’amaro in bocca.