Derry Girls (seconda stagione): la recensione
Derry Girls fonde in modo brillante e acuto cronaca, racconto adolescenziale, nostagia e commedia: merito di una scrittura ispirata che non perde un colpo
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Erin, sua cugina Orla e le amiche Clare e Michelle sono ancora il gruppo unito della prima stagione. Frequentano la scuola cattolica guidata dalla imperturbabile e spassosa suor Michael, e attraversano con adorabile, ma comprensibile inconsapevolezza gli anni del conflitto nordirlandese. Quello che nella prima stagione poteva apparire come un caso, in questa seconda è una scelta consapevole e sottolineata fino all'ultima scena. Erin e le altre testimoniano la gioia e la rabbia scomposte dell'adolescenza, con i suoi piccoli e ingenui problemi che diventano enormi ai loro occhi, mentre la Storia corre parallela a tutte loro.
C'è l'incontro-scontro con una delegazione protestante, che è geniale perché trasporta la violenza del conflitto – che non tocca mai le protagoniste – su un piano più tangibile, sul quale si può scherzare, ma con la consapevolezza della serietà che cela alle spalle. C'è la festa a tema anni '50, episodio capace di raggiungere punte di dolcezza, salvo poi ripagare con un finale a tema Carrie molto divertente. E c'è infine l'episodio nel quale la cittadina è in fermento per l'arrivo del presidente Clinton a Londonderry, realmente avvenuto nel 1995. Derry Girls fonde in modo brillante e acuto cronaca, racconto adolescenziale, nostagia e commedia: merito di una scrittura ispirata che non perde un colpo, e di un cast di giovanissime dai volti perfetti e dall'accento adorabile.