Derry Girls (prima stagione): la recensione

Vi raccontiamo le nostre impressioni sulla rivelazione Derry Girls, arrivata dall'Irlanda del Nord con i suoi sei episodi su Netflix

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Inizia e finisce con i Cranberries la prima, brevissima stagione di Derry Girls. E nel mezzo ci sono le disavventure poco brillanti di alcune ragazze nordirlandesi negli anni '90. Sboccate, un po' matte, ma determinate a dare gran voce al loro accento irresistibile e del tutto incomprensibile. Con i suoi sei episodi da venti minuti, la serie di Channel 4 creata da Lisa McGee è una rapidissima iniezione di energia.

Protagonista tra le tante è Erin (Saoirse-Monica Jackson). Sue sono le parole in un apparente voice-over che ascoltiamo in apertura di serie, solo per scoprire che in realtà è sua cugina Orla (Louisa Harland) che sta leggendo senza permesso il suo diario. Attorno a loro le loro amiche Clare (Nicola Coughlan) e Michelle (Jamie-Lee O'Donnell) a cui si unisce James (Dylan Llewellyn), unico maschio, ma soprattutto unico inglese del gruppo. Le loro vite si dividono tra l'ambiente familiare e quello della scuola cattolica che frequentano, mentre sullo sfondo corrono gli eventi del conflitto nordirlandese.

Con un tema di questa portata, ci si aspetterebbe di sentire i Cranberries di Zombie, chiara denuncia rispetto ai conflitti con l'IRA. E invece no, la canzone che ascoltiamo è la più sognante e rassicurante Dreams. In questa scelta c'è tutta la dichiarazione di intenti di una serie che non vuole sconvolgere, né fare una cronaca serrata, né giocare sulla nostalgia, ma che si pone totalmente dall'altra parte della barricata. Comedy esagerata e politicamente scorretta (un momento in crescita nel primo episodio che raggiunge vette di assurdo), che gioca sul vago imbarazzo dei suoi caratteri. E sullo sfondo c'è la scrittura di Skins – Skins c'è sempre – ma anche di The Inbetweeners, di cui Derry Girls potrebbe apparire come una rivisitazione al femminile.

La scrittura è quella sfacciata, che approfitta dell'apparente contesto di chiusura e rigidità della scuola religiosa per lasciar esplodere lampi grotteschi e irriverenti. C'è suor Michael (Siobhan McSweeney) che è un personaggio fuori da ogni schema, capace di aggredire ogni scena con piccole osservazioni estemporanee che strappano una risata. Ma in generale qui si è fatto un grande lavoro di casting sulle ragazze protagoniste. Tutte loro, dalla fisicità marcata, dai volti memorabili ed espressivi, favorite da un accento adorabile, non potranno far altro che conquistare dopo pochi minuti.

A differenza di This is England, l'anima adolescenziale di Derry Girls non viene posseduta dal proprio riferimento storico. L'infanzia non viene corrotta dalla violenza, anche se questa esiste e influenza l'ambiente circostante. Se la violenza esiste, è solo un corollario di sottofondo di un'adolescenza persa nelle sue occasioni perdute, nelle figuracce con i coetanei, nelle amiche ridicole, ma inseparabili.

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