The Departed
Un poliziotto è infiltrato in un’organizazione criminale, mentre la spia di un boss si fa strada nella gerarchia delle forze dell’ordine. Cast perfetto (con Di Caprio notevolissimo) per un discreto film del regista italoamericano, che probabilmente gli varrà l’Oscar.
Diciamo subito che questo sarà un film che piacerà più a chi non ha visto l’originale Infernal Affairs, considerando che la storia è praticamente uguale (il che peraltro, da un certo punto di vista, è un merito, visto il coraggio che ci vuole nel raccontare una vicenda del genere), compresi molti dialoghi e battute. Ma va detto che la sceneggiatura di William Monahan ha molti meriti, nonostante in diversi articoli sia passata inosservata. Se è vero che il mcguffin sui cui si basa l’indagine è piuttosto ingenuo e il film un po’ troppo lungo (anche se non ci si annoia mai in queste due ore e mezzo), Monahan è bravissimo nell’approfondire questo scambio di identità degno de Il principe e il povero. Cosa sarebbe successo nelle vite dei due protagonisti se i loro capi alla polizia avessero scambiato i loro compiti? Inoltre, l’aggiunta di un elemento femminile più forte nella vicenda è molto utile per collegare ancora maggiormente i due personaggi principali. Mettiamoci anche qualche battuta divertente sull’attualità (“amo il patriot act”, che farà impazzire la critica italiana) e la sceneggiatura viene promossa con lode.
Il fatto che Leonardo Di Caprio riesca a tenergli testa meriterebbe da solo una candidatura all’Oscar (a proposito, speriamo che i produttori non facciano follie e puntino su Nicholson come non protagonista, lasciando l’altro spazio a Leo), ma certe sue esplosioni di rabbia molto naturali, alternati a momenti di depressione mi hanno fatto pensare alla sua carriera pre-Titanic, in cui aveva dato il meglio di sé.
E anche Matt Damon è perfettamente indicato per il ruolo, in cui deve sprigionare innocenza, ma al tempo stesso far capire il suo lato nascosto (almeno allo spettatore) per risultare credibile.
Ma la sorpresa maggiore è senza dubbio Mark Wahlberg. D’accordo, il ruolo è fantastico e scritto benissimo, ma molti altri interpreti non sarebbero riusciti a farlo funzionare. Ed invece Wahlberg è meraviglioso e riesce a dare spessore ad un personaggio che sarebbe potuto facilmente rimanere nell’ombra.
Interessante (come sempre in Scorsese) la colonna sonora. Se una scena al ralenti con Gimme Shelter in sottofondo è puro piacere (ma abbastanza prevedibile), è molto interessante l’uso di una canzone come Well, Well, Well di John Lennon.
In tutto questo, difficile non rimanere un po’ delusi dalla regia di Scorsese. Non perché sia scadente, tutt’altro, anzi fa anche piacere vedere come riesce a trattare un genere molto codificato come quello poliziesco. Ma l’impressione è che il regista sia molto contenuto e non riesca (se non a tratti) ad esprimere quell’energia che mostrava in ogni secondo di Quei bravi ragazzi. Non servono piani sequenza infiniti, ma semplicemente idee forti che rappresentino al meglio il materiale artistico e umano che ha avuto a disposizione. Certo, quando Scorsese è fiammeggiante (in senso letterale), ci si diverte parecchio…
Ma qualsiasi critica che posso fare io scompare decisamente, considerando che, ribadisco, è il film che gli farà vincere l’Oscar alla regia. Ed è proprio il caso di dire: finalmente…