Demon’s Souls, killer application con dieci anni di ritardo | Recensione
Demon’s Souls è un action-RPG difficile, per nulla accondiscendente, avido del vostro tempo, ma vi regalerà immense gioie e soddisfazioni
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Demon’s Souls è un gioco che oggi come oggi va interpretato per almeno due ragioni. Da una parte abbiamo a che fare con il capostipite di un genere, quasi a sé state, che, sebbene abbia riscontrato un enorme successo di pubblico, resta comunque di competenza di un’élite di videogiocatori, dotati non solo un certo talento con il pad, ma soprattutto di una pazienza e di una forza di determinazione fuori dal comune. Dall’altra parliamo pur sempre di un gioco vecchio di undici anni, in Giappone e negli Stati Uniti fu pubblicato nel 2009, che si è sottoposto ad un bel lifting, riuscitissimo certo, ma non ad una riprogettazione che potesse eliminarne o smussarne le storture che si sono fatte ben più evidenti con il passare del tempo.
Demon’s Souls è un action-RPG difficile, per nulla accondiscendente, avido del vostro tempo e dei vostri sforzi. Una singola disattenzione può mandare all’aria un’intera partita, tanto più che, come da tradizione, ogni volta che si perde la vita non solo si ricomincia praticamente da capo, con tutti i nemici al loro posto, ma privi dell’esperienza, sotto forma di Anime, faticosamente accumulata fino a quel momento.
[caption id="attachment_220369" align="aligncenter" width="1000"] I caricamenti sono praticamente inesistenti, sia tra un game over e l’altro, sia quando si avvia la partita dalla schermata principale[/caption]
Si procede per piccole conquiste, prendendo sin dall’inizio le misure con un level design intricato, complesso, a tratti schizofrenico. Nasce già dalla prima partita l’ossessione per le scorciatoie, che una volta attivate consentono di tagliare dritti verso la destinazione desiderata; il timore per le trappole a prima vista invisibili; per i fuochi fatui che segnalano la presenza di equipaggiamento sul campo, non ultime le erbe curative che qui potrete farmare, rendendo virtualmente più semplice, ma anche più lunga, la progressione rispetto a quanto esperito con Dark Souls.
Altra differenza rispetto al collega ben più famoso, i checkpoint sono indissolubilmente legati ai boss di fine livello. Non ci saranno oasi intermedie in cui riposare e sentirsi al sicuro e solo avendo la meglio contro i colossali bestioni otterrete l’Arcipietra utile per tornare nel Nexus e garantirsi un nuovo punto di respawn.
A rendere la situazione ancora più interessante e complessa ci pensano gli allineamenti, positivi o negativi, di ogni ambientazione, parametri che tendono a cambiare di tanto in tanto e che rendono ora più aggressivi, ora meno numerosi i nemici presenti nello scenario.
Controverso, in termini di difficoltà intrinseca dell’avventura, il discorso sul multiplayer visto che si può chiedere l’aiuto di altri cinque giocatori per abbattere un boss particolarmente complesso, ma di tanto in tanto potreste ricevere la visita inaspettata, ed indesiderata, di un utente avversario, desideroso di riprendersi la forma umana senza recuperare le rare pietre che lo permettono, ma prendendosi la vostra vita, aggiungendosi così agli ostacoli che dovrete affrontare in partita.
Bluepoint Games in questo remake si è limitata, per così dire, a ricostruire riga per riga il codice dell’originale, confezionando un comparto estetico all’altezza delle aspettative, degno di rappresentare PlayStation 5 nel giorno del suo debutto ufficiale.
Pur senza ray tracing, a sorprendere più di ogni altra cosa sono gli effetti luce, lo scintillio di armi e armature, oltre che i giochi d’ombra che si propagano nelle ambientazioni poco illuminate. Oltre ai 4K, risoluzione che rende giustizia agli scenari dettagliatissimi, soddisfa in pieno il frame rate, fiso a 60fps selezionando la modalità preposta.
Le novità, tuttavia, non si esauriscono qui. C’è una modalità Foto, utile non solo per rendersi conto della bellezza degli scenari, ma anche per mettere pausa di tanto in tanto. Ci sono dei filtri cromatici con cui giocare per modificare la resa dell’immagine. Ora le schivate non sono più vincolate ad un numero massimo per serie, ma possono essere eseguite sino al totale svuotamento della barra della stamina. Sono state introdotte le guide video, ovviamente facoltative, che aiuteranno i neofiti a comprendere le basi del gioco e a trovare le migliori strategie per fronteggiare ogni genere di mostruosità.
[caption id="attachment_220370" align="aligncenter" width="1000"] Di bestie raccapriccianti non ne mancano neanche qui[/caption]
Purtroppo non ci ha pienamente convinti il supporto alle feature uniche del Dualsense. I trigger non forniscono alcun feedback particolare, mentre la vibrazione svolge il suo compito senza però raggiungere, neanche lontanamente, quella ricercatezza palesata da Astro’s Playroom.
Demon’s Souls è un gioco vecchio di undici anni. Trattandosi di un remake che non ha intaccato più di tanto gameplay e level design, tornano a ripresentarsi le tante piccole storture che rendono ancor più inusuale il sapore della produzione Sony. Permane un minimo di inerzia nei comandi, le ambientazioni non sembrano poi così intricate come un tempo, certe feature, che qui si ripresentano immutate, sono cadute in disuso nel tempo.
Eppure il gioco proietta ancora oggi un fascino inspiegabile attraverso i suoi panorami desolanti, grazie alla sua trama appena accennata, usando come tramite gli indimenticabili scontri con i boss che vi richiederanno impegno e una pazienza incrollabile.
Non è un soulslike diverso dagli altri nella sostanza e per questo va evitato se non siete mai entrati in sintonia con il genere. Tuttavia è un grande classico, porta d’ingresso preferenziale per i neofiti che vogliono finalmente scoprire cosa ci fosse di tanto speciale in un titolo citato da molti, ma conosciuto e giocato relativamente da pochissimi.