Death Stranding Director’s Cut, da possibile futuro ad agrodolce foto di un passato molto recente | Recensione

Le piccole migliorie apportate e il pieno rispetto della filosofia di fondo, rendono Death Stranding Director’s Cut la versione migliore del gioco di Kojima

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Al termine di un’estate che ha rappresentato per molti versi il ritorno ad una parziale normalità, è difficile non scorgere nella pubblicazione di Death Stranding Director’s Cut un malcelato scherzo (di cattivo gusto) del destino, quasi si trattasse di un sinistro messaggio subliminale del karma, pronto ad esibirsi nel più grottesco dei come back con un inverno nuovamente all’insegna dei decreti ministeriali e delle reclusioni forzate.

Fortunatamente, come nella maggior parte dei casi del resto, anche questa volta il fato non ha alcuna responsabilità, che va piuttosto ricercata tra i piani alti di Sony, all’atto pratico del tutto intenzionati a fare cassa, romanticamente, siamo noi a dirlo, desiderosa di suggellare in maniera simbolica un momento storico destinato a segnare le generazioni che lo hanno vissuto in prima persona.

L’originale, pubblicato a novembre 2019 si configurò come il monito, un po’ bizzarro e un po’ surreale, di un possibile futuro distopico dove la nostra razza, da indiscussa dominatrice del pianeta, si ridurrebbe a nascondersi in fortezze asettiche sotterranee, braccata da entità sovrannaturali, le CA, troppo debole per ribellarsi, troppo spaventata per reagire.

Due anni dopo, una generazione di console dopo, la percezione dell’ennesimo capolavoro di Hideo Kojima è sensibilmente cambiata, perché il “simulatore di Bartolini”, così come era stato beffardamente definito da una certa frangia di audience, per non dire la totalità, si è tristemente tramutato in una sorta di simulazione della vita reale. Relegati in casa, vuoi l’ovvia e naturale paura di contrarre il COVID-19, vuoi per i famigerati DPCM, presi d’assalto gli shop online delle più disparate aziende di e-commerce, Death Stranding ha acquisito il valore di un’allegoria, di una sorta di documentario romanzato del 2020 e di parte del 2021.

[caption id="attachment_229916" align="aligncenter" width="1280"] Tra le novità di questa edizione, anche un'area d'allenamento, con tanto di mini-missioni allegate, per tutte le armi di cui entrerete in possesso.[/caption]

Ora che i vaccini sembrano sortire i loro effetti, ora che per un motivo o l’altro le restrizioni cominciano ad allentarsi, come anticipato in apertura, la pubblicazione di Death Stranding Director’s Cut sembra una sorta di scherzo di cattivo gusto. Scherzo di cattivo gusto o seconda occasione per rileggere con occhi diversi il gioco di Hideo Kojima, quando non per scoprirlo dopo aver vissuto in prima persona il dramma del lockdown, di un lutto, della soffocante paura di doversi confrontare con qualcosa di cui non si ha affatto il controllo.

Senza addentrarci particolarmente nei dettagli del gameplay, poiché la formula di base è rimasta totalmente immutata, difetti e limiti compresi, questa riedizione sottolinea tutta l’attualità della visione di Hideo Kojima.

Se il passaggio su PlayStation 5 ha fatto bene al gioco in termini di definizione, ovviamente 4K garantito, e frame rate, stabile in qualsiasi situazione, anche caricamenti quasi istantanei e feedback aptico, possibile grazie alle potenzialità dal DualSense e utile a percepire le differenze del terreno battuto da Sam, concorrono a regalare un tenue, ma deciso carattere next-gen alla creatura di Kojima Productions.

Inoltre, a ben vedere, quasi nessuna delle aggiunte effettuate in questa nuova edizione ha realmente cambiato i connotati dell’esperienza, disinnescando i timori che qualche nuova feature avrebbe messo in pericolo l’originale ecosistema già di per sé piuttosto fragile.

La corsa con le auto, è vero, è qualcosa che stona totalmente con i toni dell’avventura. Per fortuna, si tratta pur sempre di un’attività extra, totalmente facoltativa, che vi strapperà qualche risata, intrigherà gli amanti delle classifiche online per un paio di pomeriggi e probabilmente scivolerà piuttosto in fretta nel dimenticatoio senza fare danni.

"La missione aggiuntiva, ambientata per lo più in una fabbrica, amplifica le ambizioni stealth del titolo"La missione aggiuntiva, ambientata per lo più in una fabbrica, amplifica le ambizioni stealth del titolo, scatenando innumerevoli reminiscenze riguardanti Metal Gear nei giocatori più navigati, dimostrandosi piacevole da giocare e, soprattutto, stuzzicante per un paio di rivelazioni e dettagli aggiuntivi che offre alla trama, particolari che faranno luce su un paio di questioni fino a questo momento lasciate in sospeso.

La maggior preoccupazione dei fan, tuttavia, la destavano il jetpack, la catapulta, la nuova arma stordente, tutti strumenti che avrebbero potuto sconvolgere l’equilibrio del gameplay, rendendo fin troppo facile la difficoltosa e volutamente faticosa epopea di Sam, eroe chiamato a riconnettere letteralmente gli Stati Uniti D’America.

Alla prova dei fatti, Death Stranding Director’s Cut è certamente più semplice, più immediato dell’originale, ma non al punto tale da stravolgere il gioco. Soprattutto le prime fasi, complice il reperimento del fucile stordente Maser, gli scontri con i Mule, folli nemici che vi attaccheranno ogniqualvolta vi scorgeranno nell'ambientazione, sono più semplici. Jetpack e catapulte, dal canto loro, rendono effettivamente più facile, rispettivamente, esplorare le zone montane della mappa e trasportare i carichi anche al di là di ostacoli e regioni pattugliate dalle CA, ma in entrambi i casi ci sono dei contrappassi da pagare.

[caption id="attachment_229917" align="aligncenter" width="1280"] La vera domanda da porsi: nella missione aggiuntiva, la scatola sotto cui nascondersi, c'è veramente? A voi il piacere di scoprire la risposta.[/caption]

Il jetpack consuma molta batteria ed è ingombrante, limitando così il peso massimo trasportabile da Sam. Le catapulte hanno una gittata massima di trecento metri, abbastanza per superare qualche barriera naturale, ma non da rendervi così facile la vita, eliminando alla radice il problema di fare i conti con il precario equilibrio dell'avatar e di valutare attentamente cosa portarsi appresso e cosa lasciare a terra.

Death Stranding Director’s Cut è sì una versione riveduta e corretta dell’originale visione di Hideo Kojima, ma ne rispetta in tutto e per tutto la filosofia di fondo. L’upgrade grafico, ovviamente esclusivo per PlayStation 5, rende giustizia alle potenzialità dell’ottimo Decima Engine. Forse si poteva sfruttare meglio il DualSense, con qualche trovata di maggior impatto per i trigger adattivi, ma il feedback aptico svolge egregiamente il suo lavoro.

In termini di gameplay, l’avventura di Sam è certamente più affrontabile, soprattutto nelle fasi iniziali e giocando costantemente online, dove potrete godere della collaborazione degli altri utenti, sfruttandone ponti e altre strutture costruire sulla mappa.

La miglior versione possibile per i neofiti, al netto dei difetti e dei limiti già segnalati all’epoca della pubblicazione originale. Per chi ha già avuto il piacere, d'altro canto, l’idea di una nuova missione e di un ripasso, post-pandemia, potrebbe essere ugualmente irresistibile.

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