Death Race

Un uomo condannato ingiustamente per l'omicidio della moglie, cerca di trovare la libertà attraverso le corse automobilistiche estreme. Ennesimo remake hollywoodiano poco credibile ed efficace...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloDeath RaceRegiaPaul W.S. AndersonCastJason Statham, Joan Allen, Tyrese Gibson, Ian McShane, Natalie Martinez
Uscita28 novembre 2008 

Forse, l'intera parabola del film si può sintetizzare nelle scritte di apertura e chiusura della pellicola. All'inizio, ci viene detto che siamo nel 2012, in una grave crisi economica e in un momento di forte disoccupazione. Viene da pensare che sia la società contemporanea e che dobbiamo prendere sul serio il film. Alla fine, invece ci viene detto che tutte le scene di corsa sono state realizzate da stunt professionisti in strade private e quindi si invita il pubblico a non provarci personalmente. Un po' moralistico e anche ipocrita, considerando che un film di quasi due ore è imperniato completamente su questi momenti.

Death Race è un remake, ma francamente più che al film originale (uscito in Italia come Anno 2000 - la corsa della morte) fa pensare ad un classico anni ottanta dall'inizio alla fine, in uno sviluppo francamente molto prevedibile, anche se non del tutto soddisfacente. Ma citazioni sono sparse ovunque, come un momento in carcere copiato pari pari da Rambo. Senza contare un'infinita esplosione di muscoli, che fa sembrare tutto uno spettacolo di wrestling.

Per carità, Death Race non è un film orribile e con la giusta quantità di popcorn/birra/quello che preferite voi è assolutamente digeribile. Però l'impressione è che, con qualche accorgimento qua e là, si potesse realizzare un prodotto decisamente migliore. Ma forse sarebbe chiedere troppo a Paul - non sono Thomas - Anderson, che cerca in tutti i modi di diventare il Michael Bay di questi prodotti a budget medio. Purtroppo, se certi ralenti pacchiani o un montaggio forsennato sono semplici da copiare, così come una colonna sonora cafona e martellante e l'epicità gratuita in molti momenti (basta che una ragazza affascinante esca da una macchina), bisogna dire che il regista di Transformers e Armaggeddon ci mette molta più autoironia, tanto che i suoi prodotti d'azione sono pieni di comicità notevole.  

Il problema, come spesso capita con queste pellicole futuristiche, è che la costruzione della storia non permette di credere pienamente a quello che stiamo vedendo. Non c'è nulla di sconvolgente nel mostrare dei detenuti che rischiano di morire per il godimento dello spettatore a casa, considerando che molti sportivi attuali prendono sostanze che li porteranno ad una morte prematura una volta cessata l'attività. No, il problema è proprio la costruzione della trama. D'accordo, il protagonista interpretato da Jason Statham ha perso la licenza di pilota (non ci viene spiegato bene perché) e quindi è costretto a fare lavori umili. Possibile che non ha mai trovato un modo di recuperarla se era così bravo? E soprattutto, se una persona vuole trovare un sostituto ad un fuoriclasse, perché si concentra su un pilota che non guida da anni? Aggiungiamoci una Joan Allen decisamente fuori parte, nel senso che è un'interprete fin troppo brava e preparata per un action movie con poche pretese come questo. L'impressione è la stessa che forniva Ian McKellen nel Codice Da Vinci, per cui ci si chiedeva perché si è così seriosi ed impegnati in roba del genere, neanche si interpretasse Shakespeare.  

Ma sono certi dettagli che lasciano veramente perplessi e non ci permettono di credere a questo mondo. Possibile che gli addetti ai box stiano all'aperto e senza nessuna protezione, rischiando di prendersi una mitragliata in faccia? E perché il protagonista deve fare il duro senza ragione, minacciando di non partecipare più alla corsa, se questa è la sua unica possibilità di salvezza? Si ha l'impressione che lo sceneggiatore abbia inserito una bella valanga di stereotipi nel film (come l'eroe riluttante) senza chiedersi se avevano senso o meno. Così, dopo un'oretta e mezza di azione che passa anche decentemente e senza annoiarsi troppo, si arriva ad un finale tirato via e decisamente non convincente, frutto evidentemente di una certa mancanza di idee.

Insomma, la classica pellicola d'azione di Paul Anderson, che non riesci (anche perché non se lo merita) a disprezzare completamente, ma che sembra sempre mancare di qualcosa per creare un filmone avvincente. E poi dite che non è un autore dotato di una sua poetica personale...

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