Deadwood Dick 5: Black Hat Jack, la recensione

Abbiamo recensito per voi Black Hat Jack, il quinto numero di Deadwood Dick pubblicato da Bonelli

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Deadwood Dick 5: Black Hat Jack, anteprima 01

Con il quinto numero di Deadwood Dick, intitolato Black Hat Jack, ha inizio una storia tripartita che chiuderà la prima tornata editoriale delle avventure a fumetti con protagonista il Buffalo Soldier partorito dalla mente di J.R. Lansdale.

Scritta da Mauro Boselli per i disegni di Stefano Andreucci, questa storia è probabilmente tra le più verbose dell'intera miniserie pubblicata da Sergio Bonelli Editore. Per la maggior parte delle tavole, sono le parole e gli sguardi a farla da padrone, con l'azione che torna alla ribalta unicamente nella parte finale del brossurato. Come nelle avventure precedenti, è presente un comprimario: un uomo bianco di dubbia provenienza geografica e il cui nome dà il titolo al fumetto in oggetto.

I due cowboy avanzano fianco a fianco nelle terre desolate del Texas, in una porzione di territorio indiano, con i passi dei loro cavalli che vengono scanditi da dialoghi carichi di significati profondi. Lo stesso Deadwood definisce il coprotagonista "filosofo", scherzando su come la profondità dei suoi pensieri strida con il contesto tutt'altro che bucolico in cui si sono cacciati.

Spunto per l'inizio della conversazione è il ritrovamento del cadavere di un cacciatore di bestiame - lo stesso ruolo ricoperto dai due - visibile anche nella copertina firmata da Corrado Mastantuono. Il modo in cui gli indiani comanche hanno infierito sul suo corpo è un monito chiaro per i nostri viaggiatori e per chiunque attraversi il loro territorio con intenzioni ostili. Per questo motivo, quando Dick e Jack fanno tappa in un avamposto di "ammazzabufali" per riposare, avvisano chiunque dell'imminente pericolo.

Deadwood Dick 5: Black Hat Jack, anteprima 02

Come ogni avventura in tre parti, questo numero fornisce tutte le informazioni necessarie per leggere il resto del racconto. Il lavoro portato avanti da Boselli nell'introdurre i personaggi e il contesto in cui si muovono è davvero notevole: lo sceneggiatore fa tesoro dell'enorme esperienza pluri-decennale maturata su Tex e restituisce in modo coerente e schematico ogni dettaglio utile alla comprensione della trama. Non c'è una parola fuori posto e, parimenti, i disegni di Andreucci riescono a mostrare con estrema chiarezza e bellezza ogni passaggio della storia, nonostante spesso le sequenze siano ambientate di notte o in spazi chiusi e poco illuminati.

Il risultato è un western molto gradevole ed equilibrato che prepara il terreno a qualcosa di evidentemente più grande. Pur trattandosi, come nei casi precedenti, di un adattamento a fumetti di un racconto in prosa, il connubio tra l'ampio respiro alla base delle avventure del personaggio e la crudezza delle esperienze raccontate da Lansdale risulta al massimo splendore, non risentendo in alcun modo del cambio di medium.

Il titolo del numero successivo, L'assedio di Adobe Walls, lascia intendere in quale direzione andrà la trama, dando ancora più valore e coerenza alle scelte narrative e visive fatte in questo brossurato. Oltre a voler andare fino in fondo nella lettura della storia, nel lettore resta viva anche la speranza di vedere ben presto le tavole del volume nel grande formato scelto per l'edizione rivolta alle librerie e alle fumetterie.

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