Deadpool & Wolverine, la recensione

Sa bene come giocare con tutto e fare finta di essere anarchico Deadpool & Wolverine ma in realtà è il tempo, il nostro, la cosa che conta

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Deadpool & Wolverine, il film che mette insieme Ryan Reynolds e Hugh Jackman per la prima volta nell'Universo Cinematografico Marvel

Con il terzo film a sé dedicato, Deadpool diventa il primo “supereroe industry”. La dimensione metacinematografica, già presente negli altri due film, in virtù della quale il protagonista non solo parla con il pubblico ma è anche al corrente di essere un personaggio dei fumetti in una serie di film di uno studio cinematografico americano, sale a un livello di complessità superiore. Ma non complessità per chi il film lo fa, complessità per chi lo guarda. Deadpool & Wolverine parte dal presupposto che i suoi spettatori conoscano le questioni aziendali della Marvel, della sua casa madre Disney e dello studio di produzione che prima produceva i film di Deadpool (la 20th Century Fox) e possedeva i diritti per alcuni personaggi Marvel come quelli del mondo dei mutanti e dei Fantastici Quattro. Non è più solo necessario comprendere alcune battute, ma anche una parte della trama.

Stavolta, Deadpool, diventato un tranquillo impiegato in un rivenditore di auto usate, viene coinvolto in una storia che coinvolge la TVA, l’ente che sorveglia le linee temporali visto nella serie TV Loki, e la salvezza della sua dimensione. E, ovviamente, anche Wolverine o almeno uno dei molti possibili Wolverine. Che le molte dimensioni siano per l’universo Marvel al cinema una maniera di trasformare in trama quella che è stata a lungo una realtà produttiva (i personaggi erano gestiti da soggetti diversi e quindi non si potevano incrociare, e in altri casi le loro storie ripartivano con attori diversi) è chiaro da tempo, ma qui per la prima volta viene esplicitato che l’ingresso nel Marvel Cinematic Universe per un personaggio come Deadpool equivale a un viaggio da una dimensione all’altra.

Che la 20th Century Fox sia un universo in dismissione in cui diversi personaggi sono rimasti bloccati non potrebbe essere reso più chiaramente dal film, che a tratti sembra proprio la rappresentazione allegorica di cosa è accaduto dopo che la Disney ha comprato la Fox. E tutto è fatto con occhio al caos, usando la confusione e l'apparente anarchismo (che ben si sposa con l'atteggiamento di Deadpool e la sua ossessione sessuale) è reso puntando sulla densità narrativa e sul continuo presentarsi di personaggi vecchi e nuovi, attori conosciuti (come capita spesso nei cinecomic e non solo Marvel) e sconosciuti. Tuttavia Deadpool & Wolverine vuole apparire anarchico anche se non lo è. Nasconde molto bene la sua struttura, ma questa c’è ed è convenzionale nonostante tutto quello che viene fatto per farlo sembrare un delirio. Non che sia un male, ma è proprio perché sotto in realtà c'è una struttura chiara che può permettersi di sembrare caotico senza che davvero lo spettatore sia smarrito.

Per fortuna Shawn Levy sa esattamente come ci si diverte con i film e, di fronte al cinecomic vietato ai minori, non si tira indietro. Anzi, ha intenzione di barare e per tutta la parte sentimentale del film (che non è per niente trascurata) fa la scelta furba di appoggiarsi a Logan, forse il più importante e riuscito tra i film dedicati ai mutanti. Ruba scene, dinamiche e si appropria dei temi e dei sentimenti legati a quella storia per la sua. È intelligente oltre che efficace, e svela che in questo film il gioco è solo superficialmente metacinematografico, in realtà la vera partita si gioca con il tempo. Sempre di più, il passare del tempo è il tema di ogni saga, e non il tempo interno ai film (anche se qui le linee temporali vengono tirate in ballo) ma il tempo esterno ai film. Il nostro tempo, quello del nostro mondo, che viene misurato sulle facce degli attori (vecchi ora, giovani nelle immagini dei film precedenti) e nella memoria degli spettatori spinti a ricordare gli altri film. È il tempo passato insieme tra chi guarda e il franchise che viene guardato, la cosa più preziosa che la Marvel abbia. Sui titoli di coda, un montaggio veramente imprevedibile e di eccezionale efficacia, racconta esattamente questo: canta un’era che è finita, rievoca il tempo passato insieme, celebra l’essere cresciuti o invecchiati insieme. Il cinema dei franchise, quando ha un vero successo e dice davvero qualcosa agli spettatori, non è solo produzione culturale ma compagno di vita.

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