Deadpool, la recensione

La nostra recensione di Deadpool, l'atteso cinecomic tratto dai fumetti Marvel con Ryan Reynolds

Critico e giornalista cinematografico


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Entrato di diritto in gara per i titoli di testa migliori dell’anno (probabile anche che abbia già vinto) se non proprio degli ultimi anni, almeno da Watchmen in poi, Deadpool riesce fin dai primi minuti nell’impresa che pareva impossibile: fare umorismo metacinematografico e contemporaneamente fare un buon film.

Il segreto di come il continuo ironizzare non stanchi sta molto nella destrutturazione di quella che è una trama molto semplice. Il film, almeno per la prima metà, fa infatti avanti e indietro con intelligenza, utilizzando i flashback per raccontare alcuni eventi e poi, finita quella parte, va avanti dritto verso un gran finale. Quest’andamento particolare lo aiuta molto ad avere quel passo inusuale che pare necessario nel momento in cui si racconta un personaggio inusuale, uno conscio di essere parte di un film.

Deadpool riesce fin dai primi minuti nell’impresa che pareva impossibile

Per la prima volta un film su un eroe Marvel che non è fatto dalla divisione cinematografica della casa di fumetti (è della 20th Century Fox) sembra in linea con quanto visto in Iron Man, Avengers o il resto dei prodotti targati Disney, riesce cioè a confezionare il cinema spensierato migliore in assoluto, l’intrattenimento più tecnico, equilibrato ed efficace di questi anni.

Anche questo film, che sembra figlio delle libertà che si sono presi negli ultimi anni Phil Lord e Chris Miller (nessuna parentela con il regista di Deadpool, Tim Miller) nel giocare con la consapevolezza che il cinema ha di essere cinema, riesce a contaminare la storia più usuale di una sorta di gioia di vivere l’azione che è il vero tratto distintivo dei Marvel heroes in sala. Riprendendo l’ironia dei fumetti di Deadpool, il film crea un piccolo ibrido dal budget ridotto (e non è che non si veda) ma dalla furbizia contagiosa, un B movie fiero di esserlo.

Facendo di ogni limite virtù e spingendosi a grandi passi e decise soluzioni visive verso il Rated R, cioè il divieto ai minori di 17, Deadpool (il film) ha prima di tutto una sua personalità, schivando il rischio di essere un parente scemo degli altri film più grandi. Nonostante sia a tutti gli effetti una origin story nemmeno troppo inventiva, la maniera in cui gioca con temi, immagini e ironie sconosciute agli altri film lo posiziona come un unicum. Suona, sembra e corre come nessun altro, confermando che non serve tanto una storia originale ma una forma originale per avere personalità.

Anche il problema di un’azione ripresa in maniera non eccezionale, che in altri film di supereroi sarebbe stato gravissimo, qui diventa virtù, poiché trasforma le più banali scene di distruzione in piccoli frammenti narrativi. In Deadpool l’esigenza di mettere in scena non un eroe ma uno stand up comedian armato, fa sì che anche gli scontri più usuali portino avanti un dialogo, una storia o diano informazioni sulle origini del personaggio.

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