Deadpool, la recensione
La nostra recensione di Deadpool, l'atteso cinecomic tratto dai fumetti Marvel con Ryan Reynolds
Il segreto di come il continuo ironizzare non stanchi sta molto nella destrutturazione di quella che è una trama molto semplice. Il film, almeno per la prima metà, fa infatti avanti e indietro con intelligenza, utilizzando i flashback per raccontare alcuni eventi e poi, finita quella parte, va avanti dritto verso un gran finale. Quest’andamento particolare lo aiuta molto ad avere quel passo inusuale che pare necessario nel momento in cui si racconta un personaggio inusuale, uno conscio di essere parte di un film.
Deadpool riesce fin dai primi minuti nell’impresa che pareva impossibileAnche questo film, che sembra figlio delle libertà che si sono presi negli ultimi anni Phil Lord e Chris Miller (nessuna parentela con il regista di Deadpool, Tim Miller) nel giocare con la consapevolezza che il cinema ha di essere cinema, riesce a contaminare la storia più usuale di una sorta di gioia di vivere l’azione che è il vero tratto distintivo dei Marvel heroes in sala. Riprendendo l’ironia dei fumetti di Deadpool, il film crea un piccolo ibrido dal budget ridotto (e non è che non si veda) ma dalla furbizia contagiosa, un B movie fiero di esserlo.
Anche il problema di un’azione ripresa in maniera non eccezionale, che in altri film di supereroi sarebbe stato gravissimo, qui diventa virtù, poiché trasforma le più banali scene di distruzione in piccoli frammenti narrativi. In Deadpool l’esigenza di mettere in scena non un eroe ma uno stand up comedian armato, fa sì che anche gli scontri più usuali portino avanti un dialogo, una storia o diano informazioni sulle origini del personaggio.