Dead Cells, il più frenetico e furioso dei roguelite - Recensione
Un improbabile eroe senza testa, una storia oscura e un'azione frenetica: la recensione di Dead Cells
Senza che un minimo di storia spieghi il perché infatti ci si ritrova nel corpo senza testa di un prigioniero, posseduto da un grumoso e poltiglioso ammasso di cellule verdi. Solo occasionali linee di dialoghi con i bizzarri personaggi che s'incontrano procedendo tra i livelli svelano sempre nebulosi aspetti della trama, quello che è subito chiaro invece è il meccanismo alla base del gioco, ammazzare mostri immondi per ottenere cellule bluastre, grazie alle quali poi potenziare una serie di abilità o sbloccare armi sempre più potenti. L'impianto ludico di base è quindi quello di un roguelite qualunque, ma la maniera in cui esso viene proposto è quasi inedita, perché Dead Cells richiede ovviamente costante attenzione, ma non vuole che il giocatore si fermi, gli mette in mano un sistema di controllo eccezionalmente rapido e reattivo che lo spinge fin da subito a schiacchiare al massimo sull'acceleratore, stimolandone la furia. Ed ecco quindi il valore diverso della morte, perché se di essa il giocatore deve avere costantemente paura allora egli tentenna, esita, rallenta, si ferma, ma qui arriva a fregarsene totalmente, perché è più importante abbandonarsi al combattimento cruento e feroce.
La qualità dell'azione proposta da Dead Cells è semplicemente eccellente. Sono perfetti la velocità di movimento, quella di attacco, che varia ovviamente in base all'arma equipaggiata, il raggio e il cooldown della preziosissima schivata, il ritmo con il quale attaccano i nemici, il giocatore si ritrova a gestire un coreografico e spettacolare balletto di morte che non ha quasi soluzione di continuità, se non nei brevissimi momenti nei quali tra un mostro e un altro si scovano una pergamena che rafforzi le statistiche del senzatesta, un forziere da aprire o un mercante dal quale acquistare nuovi strumenti di morte. Si respira seriamente solo tra un livello e un altro, quando si possono spendere le cellule ottenute e si ottengono quei potenziamenti che non si perdono con la morte e che quindi segnano il progresso all'interno del gioco. Tanti, tantissimi, come può vedere il giocatore quando attraversa una particolare stanza con decine e decine di barattoli di vetro che pendono dal soffitto, uno per ogni sbloccabile.
[caption id="attachment_188151" align="aligncenter" width="1724"] Gli attacchi dei nemici sono prevedibili, ma ciò non significa che siano sempre facili da schivare[/caption]
Forse Dead Cells si distende in maniera eccessiva per coprire un'avventura che a conti fatti non sarebbe lunghissima. È chiaramente concepito per un approccio rapido, frenetico, nel quale la morte abbia alla fine poca importanza, ma forse sono troppe le cellule da spendere per ottenere i potenziamenti, le ore necessarie per avere una reale progressione, in un gioco che consta alla fine solo di una dozzina di livelli (ma un'avventura che vada dal primo all'ultimo ne comprende 6): chiaro che per alcuni possa risultare ripetitivo. I problemi di bilanciamento non ne inficiano però la qualità complessiva in maniera pesante: ci troviamo di fronte ad una delle migliori produzioni indipendenti dell'anno, spettacolare per ritmo e azione, efficace nell'impatto visivo, curato e dettagliato, e dotata persino di un gradevole e leggero umorismo nero.