Dead Boy Detectives (prima stagione) : la recensione

Ambientata nell'universo di The Sandman, Dead Boy Detectives è la nuova serie Netflix basata sui personaggi DC Comics creati da Neil Gaiman

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Da oggi disponibile su Netflix la prima stagione di Dead Boy Detectives, la nuova serie tv ambientata nell’universo di The Sandman. Ecco la nostra recensione. 

Nell’era dello streaming passiamo spesso molto più tempo a cercare cosa guardare piuttosto che a guardare davvero qualcosa, nonostante i sempre più dettagliati menù a tendina in cui è possibile filtrare migliaia di titoli a seconda della categoria a cui appartengono. Nello sfogliare ad esempio il catalogo di Netflix i generi a disposizione sono tantissimi, ma salta all’occhio una notevole assenza: manca infatti il genere, coniato proprio dal colosso americano, denominato “Serie fantasy young adult che Netflix cancellerà dopo la prima stagione”.

Ironia a parte, come conseguenza quasi inevitabile del grande numero di contenuti che produce rispetto ad altre piattaforme, Netflix ha infatti la fama di avere una spietata tendenza alle cancellazioni premature e guardando la prima stagione di Dead Boy Detectives si ha la sensazione di essere davanti all’ennesimo titolo da aggiungere a questa sventurata categoria. 

Da spinoff DC a spinoff Netflix

Basata sui personaggi DC Comics creati da Neil Gaiman e Matt Wagner nel 1991, Dead Boy Detectives è la nuova serie tv Netflix ambientata nell’universo di The Sandman e che proprio al successo di quest’ultima deve forse la sua genesi, o meglio, la sua storia editoriale. 

Ideata da Steve Yockey e Beth Schwartz e con lo stesso Neil Gaiman come produttore esecutivo, Dead Boy Detectives nasce come spinoff della serie Doom Patrol e doveva originariamente essere prodotta e distribuita da Max. In seguito alla rivoluzione dell’universo DC messa in atto da James Gunn e Peter Safran la serie viene giudicata fuori tono e per questo a rischio cancellazione. È a quel punto, visto anche il grande successo di The Sandman, che Netflix decide di acquistarla, riportandola se vogliamo nel suo universo originario dal momento che i personaggi dei fumetti appaiono la prima volta proprio nel secondo volume della graphic novel sul Re dei Sogni. Un passaggio che rende possibile la citazione diretta, ampliando l’universo della serie madre e trasformando Dead Boy Detectives in un vero e proprio spinoff.

Dead Boy Detectives: un'agenzia di investigatori fantasmi

Dal tono più leggero e indirizzata maggiormente ad un pubblico young adult, Dead Boy Detectives è, come si evince dal titolo, una fantasy detective story: i “dead boy detectives” sono Edwin Payne e Charles Rowland, rispettivamente il cervello e i muscoli dell’Agenzia Investigativa Defunti. Si tratta di due adolescenti morti prematuramente a decenni di distanza, che decidono di non proseguire il loro naturale viaggio nell’Aldilà ma di restare sulla terra come fantasmi per risolvere crimini e misteri di natura soprannaturale. Con l’aiuto di una sensitiva di nome Crystal Palace i due vivono rocambolesche avventure per aiutare altri fantasmi a risolvere le loro questioni in sospeso, spostandosi attraverso gli specchi e cercando di sfuggire a streghe malvagie, gatti parlanti e soprattutto alla Morte stessa. E non in senso astratto, ma proprio quella Morte che abbiamo conosciuto in The Sandman, interpretata magistralmente da Kirby Howell-Baptiste e che vediamo nel pilot della serie. Un pilot che sin dalle prime scene non rievoca soltanto la storia con protagonista Morfeo, ma anche e soprattutto un’altra serie targata Netflix, uscita lo scorso anno e cancellata dopo una sola stagione. 

Una serie Netflix che sembra un’altra serie Netflix 

La serie si presenta come un mix fra GhostbustersSherlock Holmes e Doctor Who per la Gen Z: una definizione la nostra che cita esattamente le stesse parole usate per descrivere la sfortunata Lockwood & Co. e che, incredibile ma vero, si adattano perfettamente anche per Dead Boy Detectives. Anche qui abbiamo un trio di adolescenti composto da due ragazzi, uno la mente l’altro il braccio, principali proprietari di un’agenzia investigativa che indaga sul paranormale, a cui poi si aggiunge una ragazza dai poteri soprannaturali inizialmente vista con sospetto.

Nel caso di Lockwood & Co. si trattava di ragazzi impegnati nella caccia ai fantasmi, mentre in Dead Boy Detectives sono i protagonisti stessi ad essere (almeno due di loro) dei fantasmi, ma simili sono le modalità di investigazione di casi truculenti mai risolti e che prevedono l'uso di armi, incantesimi, artefatti e pozioni magiche. Entrambe le serie sviluppano i temi classici dei prodotti teen come l’amicizia, l’amore, la famiglia intesa non come quella di nascita ma quella che ci si crea, il perdono e la scoperta di sé, ed entrambe lo fanno attraverso l’escamotage narrativo del soprannaturale, da sempre l’elemento di maggiore successo dei teen drama che scelgono di utilizzarlo. Ma le similitudini non si fermano alla trama: il tono da commedia grottesca è lo stesso, pieno di frasi ad effetto e risvolti inverosimili così come la messa in scena, che unisce sequenze d’azione colme di CGI a momenti introspettivi tra i personaggi.

L’estetica è similissima, calda e accogliente ma allo stesso tempo colorata e brillante sin dall'opening, e persino il setting è uguale, con entrambe le agenzie stanziate a Londra e che sembrano essere la versione teen del 221B di Baker Street (anche se la storia porterà i protagonisti di Dead Boy Detectives a spostarsi in America). Non siamo davanti ad una copia pura e semplice dal momento che parliamo di adattamenti di due opere letterarie, ma le similitudini sono davvero troppe per essere delle semplici coincidenze e viene da chiedersi come mai Netflix abbia deciso di investire in un progetto così simile ad un altro distribuito appena un anno fa e poi prontamente cancellato per la scarsità di visualizzazioni.

Probabilmente la spiegazione è data proprio da ciò che dicevamo in apertura: nonostante la nutrita fanbase di entrambi i titoli, Dead Boy Detectives può sicuramente godere del successo del suo universo di appartenenza, quello di The Sandman, traino che Lockwood & Co. purtroppo non aveva. Scommettere su di un progetto dal ritorno di pubblico sulla carta più sicuro può essere una risposta plausibile, ma ciò non spiega il poco sforzo per differenziare le due serie: l'autocitazione è una cosa, la pigrizia è un'altra.

Un cast di giovani e sconosciuti detective

Un altro elemento che accomuna le due serie è la scelta di un cast giovanissimo e per lo più sconosciuto. Apparsi brevemente nel finale di Doom Patrol ma interpretati da attori più giovani (tra cui Ty Tennant), i ruoli di Edwin, Charles e Crystal hanno subito un recast che ne ha alzato l’età rispetto ai corrispettivi cartacei, dando modo alla serie di affrontare temi più adulti ed accattivanti, come la scoperta della propria sessualità e l’attrazione per l’altro, centrali fin dal primo episodio e raccontati talvolta con delicatezza, talvolta forzatamente, talvolta con una punta di cringe che non può mai mancare in prodotti del genere (a questo proposito si possono notare dei parallelismi con Shadowhunters). Come in Lockwood & Co. anche qui il ruolo del principale protagonista è affidato ad un attore debuttante: George Rexstrew interpreta Edwin Payne, uno studente di un collegio maschile morto nel 1916 e che incarna lo Sherlock della coppia, intelligente, rigido, asociale ma dal cuore gentile.

Il Watson è invece rappresentato da Charles Rowland, interpretato da Jayden Revri (The Lodge), morto nello stesso collegio ma nel 1989, decisamente più carismatico, spericolato e dalla battuta pronta, un’arma che utilizza per nascondere un trauma doloroso. Kassius Nelson (Last Night in Soho) interpreta invece la sensitiva Crystal Palace, un personaggio che si distanzia molto dal suo modello letterario, testarda e dalle mille risorse, che si unisce all'agenzia in seguito ad una possessione demoniaca. Al trio si aggiungerà poi anche Niko Sasaki, interpretata da Yuyu Kitamura, una liceale giapponese trasferitasi in America, un po’ svampita ma dalla grande sensibilità. Oltre al cast di giovani talenti vediamo anche Jenn Lyon, Briana Cuoco, Lukas Cage, David Iacono e Ruth Connell (già vista in Doom Patrol).

Neil Gaiman in salsa teen

Uno degli aspetti più ben riusciti di Dead Boy Detectives è senza dubbio il suo worldbuilding, curato nei minimi dettagli sia esteticamente che narrativamente e che trascina lo spettatore fin dalle prime scene, bilanciando aspetti didascalici dati dalla voice over con pezzi d’informazione inseriti sapientemente nei dialoghi. Parte del divertimento nel guardare la serie è quello di scoprire di volta in volta le strategie di investigazione che i personaggi adottano per risolvere misteri sempre più assurdi e che evocano leggende pagane, miti greci e racconti tratti dalla Bibbia. D’altronde lo stile di Neil Gaiman è quello, la dissacrazione e la rilettura in chiave grottesca e fantasy del sacro, come la presenza di una gerarchia quasi burocratica nel funzionamento degli universi ultraterreni come l'Aldilà, l'Inferno e il Paradiso.

In Dead Boy Detectives c’è umorismo, buoni sentimenti e un taglio da humour british (anche questo tipico di Gaiman), il tutto condito da elementi horror, un’estetica psichedelica e persino sequenze animate di diversi stili e che omaggiano l'origine fumettistica della serie. Non siamo davanti a qualcosa di mai visto, ma complice un buon cast ed una scrittura interessante, Dead Boy Detectives è un accattivante e ben riuscito mix di generi giusti che intrattiene lo spettatore fan dell'autore inglese, ma che incuriosisce anche quello più casuale. 

Un futuro forse già scritto 

Dead Boy Detectives non si conclude propriamente con un cliffhanger, ma la storia raccontata nella prima stagione ha un ampio margine di sviluppo, senza contare che la presenza di Morte non è l’unico collegamento con The Sandman. Ciò che fa ben sperare, stando anche alla massiccia promozione messa in campo, è che la natura derivativa della serie e il nome prestigioso di Neil Gaiman legato al progetto possano essere degli incentivi per Netflix a non abbandonare l’idea di ampliare ed approfondire "Il Sandman Universe", oltre al fatto che il target dei giovanissimi è ultimamente quello preferito dal gigante dello streaming. Se poi all'algoritmo aggiungiamo l’elemento soprannaturale, allora Dead Boy Detectives sembra avere tutte le carte in regola per diventare una serie di medio successo.

Non dimentichiamo però il sotto-genere che abbiamo descritto all’inizio di questa recensione: da un po' di tempo a questa parte le tendenze mostrano un pubblico sempre più riluttante a cominciare nuove serie visto lo spauracchio della possibile cancellazione. Stando ad alcuni rumour il trio protagonista di Dead Boy Detectives potrebbe apparire nella seconda stagione di The Sandman, attualmente in lavorazione: basteranno le promesse di camei futuri a tenere alte le visualizzazioni della serie? 

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