Days of Hate: Atto primo, la recensione
Abbiamo recensito per voi Days of Hate: Atto Primo, di Aleš Kot e Danijel Žeželj, edito da Eris Edizioni
Se l'arte è davvero espressione del tempo in cui viene realizzata, Days of Hate di Aleš Kot e Danijel Žeželj è un ritratto disincantato e perfettamente calzante degli estremismi ideologici odierni.
Pubblicata originariamente da Image Comics, la maxiserie Days of Hate esordisce in Italia grazie a Eris Edizioni, che lo scorso 26 febbraio ha pubblicato in un elegante volume brossurato le storie apparse sui primi sei numeri dell'edizione originale. Prima di trattarne i contenuti, è doveroso evidenziare la qualità grafica e cartotecnica del volume: il colore rosso che ne contraddistingue l'aspetto esteriore, in combinazione con la potentissima copertina di Žeželj, attira l'attenzione e porta il lettore a sfogliarne le pagine, scoprendo degli interni altrettanto curati sia nella veste editoriale sia nella realizzazione delle tavole.
Kot e Žeželj, con i colori di Jordie Bellaire, dipingono una disperazione figlia degli anni Dieci del nuovo millennio, dove tutto l'odio e il risentimento verso il diverso hanno portato a una situazione in bilico tra l'ordine della dittatura che ammette solo il pensiero unico e il caos delle schegge impazzite, che con rabbia e rancore puntano a scardinare il nuovo ordine costituito.
Gli Stati Uniti ritratti in questa storia sono metafora dell'umanità intera, immersi nell'oscurità con variazioni cangianti di illuminazione che si sposano alla perfezione con lo stile crudo di Žeželj e i colori pallidi di Bellaire.
Parimenti, la storia intessuta da Kot racconta una discesa vorticosa in un maelström di incomunicabilità, problematica alla base di ogni rapporto umano. Tale tematica, oltre a essere esplicitata in un dialogo tra due personaggi nel corso della storia, va idealmente a indagare tutti i limiti della comprensione e dell'accoglienza tra due opposti, nonostante tra loro possa esserci comunque un'attrazione molto forte.
Metafora decisamente riuscita delle relazioni affettive perverse e dell'autodistruzione sociale e personale, la prima metà di Days of Hate getta valide basi per una tragedia annunciata che, comunque vada, si ha l'impressione che non vedrà mai alcun vero vincitore.
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