Daymare: 1998, dopo Raccoon City, si tenta di sopravvivere a Keen Sight | Recensione
Daymare: 1998 dimostra tutta la passione degli sviluppatori per gli anni '90 e, in particolare, per i videogiochi targati Capcom di quel periodo
Per nulla demotivati dallo stop sui lavori, il team romano ha deciso di trasformare il proprio progetto in qualcosa di nuovo, con trama, lore e personaggi ripensati per l'occasione. È così che nasce Daymare: 1998, survival horror in terza persona che dimostra tutta la passione degli sviluppatori per gli anni '90 e, in particolare, per i videogiochi targati Capcom di quel periodo.
La trama di Daymare: 1998 ha inizio con una missione segreta all'interno di un laboratorio della Hexacore, un'azienda leader nel campo delle biotecnologie che sembra nascondere più di qualche segreto. Nei panni di Liev, membro dell'H.A.D.E.S. (Hexacore Advanced Division for Extraction and Search), dovremo farci strada attraverso i bui corridoi per scoprire cos'è accaduto all'interno dello stabilimento; la diffusione di un pericoloso virus che tramuta la gente in zombie è solo l'inizio di un'avventura intrisa di mistero, che ci porterà ad attraversare la cittadina di Keen Sight con tre diversi protagonisti.
Nonostante la voluta deriva da B-Movie anni '90, Daymare: 1998 presenta una storia che coinvolge e che riesce a tenere il giocatore incollato al pad per circa 15 ore, con il desiderio di scoprire quale possa essere il destino dei tre protagonisti. Protagonisti che, purtroppo, non vengono particolarmente caratterizzati e che, nonostante degli incipit per nulla banali, dimostrano un potenziale non del tutto sfruttato. Ci riferiamo soprattutto al personaggio di Sam, che abbiamo trovato davvero interessante, ma che avrebbe necessitato di un maggior approfondimento psicologico nel corso dell'avventura. In ogni caso, ci sentiamo di premiare comunque il comparto narrativo, che nel finale ha saputo incuriosirci non poco, facendoci desiderare di mettere presto le mani sul seguito di Daymare: 1998.
Peccato per alcuni dettagli che sicuramente avrebbero permesso una fruizione migliore della storia: ci riferiamo alla presenza degli immancabili file di testo, che a causa della loro lunghezza spezzano eccessivamente il ritmo di gioco, e alla regia, che spesso non riesce a nascondere la mancanza di budget e che depotenzia emotivamente alcuni sviluppi di trama. Si tratta - appunto - di dettagli che non danneggiano del tutto la produzione, ma che speriamo possano essere corretti nei prossimi capitoli di quello che ci auguriamo essere solo l'inizio di una vera e propria serie di titoli horror.
Da un punto di vista ludico, Daymare: 1998 è un survival horror in terza persona, caratterizzato da un'inventario limitato e da un particolare sistema di ricarica delle armi da fuoco. Il fulcro della gestione del proprio personaggio è affidato al D.I.D. (Data Interchange Device), un computer da polso che, se attivato, ci permetterà di mettere in ordine e di utilizzare gli oggetti raccolti, di controllare il proprio stato di salute, di leggere i documenti recuperati nel corso del gioco e di visualizzare una mappa della zona. Il tutto, come se non bastasse, in tempo reale, obbligandoci a prestare continuamente attenzione a ciò che ci circonda.
Questa decisione si sposa con la succitata meccanica di ricarica, che spinge il giocatore a calcolare al meglio le proprie azioni. Con la semplice pressione dell'apposito tasto, infatti, il nostro protagonista sostituirà il caricatore della propria arma, facendo cadere a terra quello vuoto. Mantenendo premuto per qualche secondo il medesimo pulsante, invece, potremo sostituire il caricatore vuoto con uno pieno, riponendo il primo nell'inventario. Una volta svuotato il caricatore, infatti, dovremo utilizzare il D.I.D per riempirlo nuovamente di proiettili, in una gestione che può apparire macchinosa, ma che contribuisce a donare realismo all'azione e che ha saputo convincerci appieno. Peccato, però, che capitino situazioni nelle quali sia necessario aprire rapidamente il Data Interchange Device per ricaricare le proprie armi, ma la lentezza dell'azione ci ha portati a venire squartati dagli infetti ancora prima di poter accedere all'inventario.
Per quanto riguarda lo shooting, invece, abbiamo notato qualche problema legato alle hitbox dei nemici, che in più di qualche occasione ha saputo metterci in difficoltà con le orde d'infetti. Nulla di eccessivamente fastidioso, sia chiaro, ma ci sembrava comunque giusto segnalarlo. Discorso diverso, invece, per le boss fight, vero tasto dolente della produzione e che, purtroppo, risultano essere la summa di tutti i difetti di Daymare: 1998. Non solo le meccaniche dei combattimenti ci sono sembrate poco ispirate, ma anche l'IA dei nemici ci è parsa particolarmente sottotono, permettendoci di vincere gli ultimi due scontri del gioco sfruttando i bug dell'intelligenza artificiale.
Un plauso, invece, ai numerosi enigmi sparsi durante l'avventura, che hanno saputo farci respirare una nostalgica atmosfera anni '90 e che, in più di un'occasione, ci hanno fatto spremere le meningi con la loro complessità. Esplorare Keen Sight è stata senza dubbio un'esperienza divertente, che gli sviluppatori di Invader Studios hanno reso ancora più interessante grazie alla miriade di citazioni provenienti da Resident Evil e da tutte quelle opere che, evidentemente, fanno parte del background culturale dei dev. Trovarle tutte, infatti, si è rivelato essere una sorta di gioco nel gioco, che ha saputo disegnare un sorriso sul nostro volto più volte, nel corso dell'avventura.
Graficamente, Daymare: 1998 vanta un discreto colpo d'occhio, ma che, se analizzato nel dettaglio, mostra il fianco a più di qualche problematica. I modelli 3D dei personaggi sembrano provenire da un'altra generazione videoludica e le animazioni ci sono sembrate eccessivamente rigide e macchinose. Anche per quanto riguarda il creature design è inevitabile evidenziare una certa mancanza di varietà, che, al di là dei semplici zombie, conta solamente quattro differenti tipi di nemici. Un dettaglio che, vista la natura grottesca del titolo, speriamo possa essere perfezionato nei prossimi capitoli della serie.
Ottima, invece, la colonna sonora, che riesce a ricreare perfettamente l'atmosfera dei primi Resident Evil tramite una serie di tracce che omaggiano, senza mai copiare, il brand Capcom. Un accompagnamento musicale che, dal primo all'ultimo livello, ci ha coinvolti e conquistati in ogni sua sfumatura.
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Daymare: 1998 non è un titolo perfetto, ma riesce a farsi apprezzare e presenta più di qualche momento veramente ispirato. Gli enigmi ambientali sono ben strutturati e l'innovativo sistema di ricarica, se integrato meglio con il D.I.D., potrebbe risultare una feature da inserire in tutti i survival horror dei prossimi anni. Anche il comparto narrativo, nonostante sia minato da una realizzazione tecnica e da una regia non all'altezza, ha saputo coinvolgerci ed emozionarci, spingendoci a voler entrare di più all'interno del mondo ideato dai ragazzi di Invader Studios. Daymare: 1998 è un'opera prima che ci sentiamo ci consigliare agli amanti dei Resident Evil e dei titoli degli anni '90, nella speranza che gli sviluppatori decidano presto di ampliare questo universo con un nuovo capitolo o nuovi contenuti provenienti da altri media.