Day Of The Fight, la recensione | Festival di Venezia
Con un incontro atteso per tutto il tempo, Day Of The Fight imbastisce una storia di redenzione che deve poi solo spingere in buca
La recensione di Day Of The Fight, il film di Jack Huston presentato nella sezione Orizzonti Extra del festival di Venezia
Il film inizia al mattino prestissimo e sì chiude a notte fonda. È una giornata in cui incontra tutte le persone che sono importanti o sono state importanti per lui, per raccogliere i pezzettini distrutti della sua vita, prima che forse qualcosa possa tornare. Noi viaggiamo con lui lungo New York con una mestizia nelle parole stentate che è un po’ tutto e un bianco e nero d’altri tempi (il film è ambientato a inizio anni ‘90). È un film di dialoghi questo con l’intelligente idea di avere un’azione che incombe, l’incontro che ci sarà e di cui tutti parlano. Esiste una promessa costante che lavora nella testa dello spettatore e che dà a ognuno di questi dialoghi un’aria inesorabile: tutto può davvero risolversi questa notte.
Così tanta grazia che poi alla fine, con un lavoro di squadra invidiabile, riesce a finalizzare tutto quello che ha costruito, specialmente la tensione emotiva che aspetta disperatamente di rilasciare, lasciando l’onere di mandare la palla in buca a un comprimario (l’eccezionale Ron Perlman, la personificazione attoriale dell’efficacia) a cui basta chiudere gli occhi durante un abbraccio per far piangere tutti fino all’ultima fila della sala.
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