Darkwood, terrore e tensione anche su console – Recensione
Dopo il successo su PC, il survival di Acid Wizard Studio convince anche su console: la recensione di Darkwood
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
A ben vedere, la creatura di Acid Wizard Studio eredita di sana pianta un canovaccio ormai arcinoto e lo sposa completamente, limitandosi ad imprimere la propria personalissima firma in una direzione artistica quando mai oscura.
[caption id="attachment_196166" align="aligncenter" width="1000"] Darkwood propone tre diversi livelli di difficoltà. Normale prevede un respawn infinito al costo di alcune delle risorse accumulate per ogni game over. Difficile impone un numero massimo di vite. Incubo, invece, prevede la permadeath[/caption]
La trama tocca tutti i cliché possibili, non abbandonando mai il sentiero tracciato da molti altri congeneri, soprattutto in termini di conduzione, stile, strategie narrative utilizzate. Alcuni dialoghi comportano scelte, scelte che hanno profonde ripercussioni sul finale, ma nonostante questo guizzo non c’è alcun elemento fuori posto, né realmente originale.
I movimenti dell’avatar, tanto per cominciare, sono legnosi, limitati anche e soprattutto da un cono visivo quasi ridicolo, che impedisce al nostro di avere una perfetta e corretta visione delle tante minacce che lo circondano.
Il ciclo giorno/notte non ha fini esclusivamente estetici. Nell’oscurità, difatti, si viene mortalmente braccati da ignote creature, inevitabile ostacolo che vi costringerà a trovare riparo all’interno di un edificio che dovrà essere sufficientemente solido, dotato di energia elettrica, equipaggiato di un forno grazie al quale produrre una sostanza utile a tenere a debita distanza le sopracitate presenze maligne.
Servono specifici materiali insomma, materie prime che vanno ovviamente recuperate di giorno, ore di luce in cui non mancano comunque pericoli, tra trappole, animali selvatici e sinistri incontri con altri sopravvissuti che non è detto siano lieti di fare la vostra conoscenza.
Ne viene fuori un gameplay scandito da una costante sensazione di urgenza, vista la rapidità con cui si consuma il giorno e la relativa lentezza con cui passano le notti, asserragliati in un nascondiglio che non fornisce mai la sicurezza matematica di sopravvivere alle offensive nemiche.
[caption id="attachment_196167" align="aligncenter" width="1000"] Su PC la gestione della mira per le armi da distanza e soprattutto dell’inventario era enormemente facilitata dall’uso di mouse e tastiera. Su console, tra analogici e pulsanti, compiere certe azioni diventa un’ulteriore difficoltà di cui tenere conto[/caption]
Darkwood è insomma un gioco per pochi eletti, amanti del genere che sapranno e vorranno scendere a compromessi con un gameplay, ma anche con una trama, estremamente pretenzioso. Serve applicazione continua, capacità di districarsi tra mille ostacoli, nervi saldissimi.
Anche l’art design, minimalista a sporcato da un filtro molto pesante, potrebbe far storcere il naso a molti, ma sa toccare, al tempo stesso, le giuste corde emotive di chi è in cerca di un’avventura dai toni oscuri e disturbanti.
Morire, dover ricominciare da capo, vedersi andare in fumo una strategia finemente pianificata è la norma, una costante che scoraggerà i tanti che non hanno mai visto di buon occhio il genere dei survival. In questo senso, Darkwood è un autentico manuale del genere, fedele a certi precetti fino a diventare quasi stucchevole, derivativo, tutt’altro che originale.
Eppure il meccanismo è così ben oliato che tutto funziona al meglio. Non certamente il migliore dei survival, soprattutto visto che il control scheme su console, in assenza di mouse e tastiera, soffre un po’, ma certamente un notevole rappresentante del genere, che non mancherà di fare la gioia dei fan.