Dark Souls III, la recensione

FromSoftware torna a sfidare i giocatori in un percorso costellato di morte: la recensione di Dark Souls III

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Dopo tre capitoli della serie Souls e una variazione sul tema - Bloodborne - i giocatori ormai sanno cosa aspettarsi da FromSoftware: titoli senza alcuna pietà, che fanno della ripetizione l’unica strada per il successo, nei quali il pad, superate le prime purganti ore di gioco, deve diventare un’estensione della nostra mente. Dark Souls non concede tempi morti, quei pochi millisecondi che il cervello umano impiega per processare l’immagine del televisore e inviare il corretto input ai muscoli delle dita sono già troppi. You died.

Siete morti, di nuovo, ma la colpa è solo vostra, lo sapete bene, quel colpo andava schivato, non parato con lo scudo, mentre avreste dovuto usare l’Estus un po’ prima anziché fare gli arroganti e sperare in un’impossibile passo falso del nemico. Tutte queste cose voi le sapete e le sa pure FromSoftware che, con Dark Souls III, conclude la sua esplorazione del reame di Lothric offrendo ai giocatori un ultimo, imperdibile, viaggio negli abissi del game design. Sigla!

https://www.youtube.com/watch?v=072FR4Yvv3Q

Ancora nei panni di un’anima senza nome, ancora alla scoperta di un mondo ormai senza speranza, ancora soli nell’affrontare le più terribili mostruosità degli inferi. Dark Souls III non si discosta dai suoi augusti predecessori, abbiamo i falò, una trama tanto interessante quanto enigmatica, le anime e un mondo vasto ma minaccioso, dove ogni porta, ogni anfratto, ogni sentiero nasconde almeno dieci modi diversi per morire. Dopo aver sperimentato in Bloodborne un sistema di combattimento più dinamico rispetto ai giochi precedenti, nel quale scudi e armature cedevano il passo alla padronanza delle schivate, FromSoftware ha spostato leggermente la barra: Dark Souls III, rispetto ai suoi predecessori, concede qualcosa di più all’azione e incentiva uno stile di gioco meno statico. Scudo e difese sempre alzate rimangono i nostri migliori amici, intendiamoci, ma l’introduzione delle weapon art, ovvero abilità speciali diverse per ogni arma, cerca di favorire la sperimentazione. L’uso di queste caratteristiche ha però un costo in mana, aggiungendo così un ulteriore elemento di tensione al già complesso equilibrio del gioco. Se nei titoli precedenti solo miracoli e magie consumavano la barra blu, ora anche roteare la spada consuma preziosa energia mistica. Quest’aggiunta, per quanto interessante, non va però a minare le solidissime basi del gioco: durante la nostra partita (oltre a morire innumerevoli volte) ci siamo trovati a usare le weapon art solo in casi molto rari, la maggior parte dei quali giusto per uccidere un nemico in maniera più stilosa.

"Dark Souls III, rispetto ai suoi predecessori, concede qualcosa di più all’azione e incentiva uno stile di gioco meno statico"

Sia chiaro: Dark Souls III non è per nulla più semplice, più amichevole o meno impegnativo dei suoi predecessori, ogni scontro, dal minion meno potente agli ultimi boss mette in serio rischio la sopravvivenza del nostro personaggio. Nessun nemico può essere preso sottogamba, mai. Come i suoi antisegnani, il gioco pretende una dedizione priva di esitazioni, le stesse aree vanno esplorate più e più volte, scoprendone i più reconditi segreti e affrontando una, dieci, cento volte gli stessi nemici fino a dominarli alla perfezione. Solo quando ci accorgeremo di poter avanzare quasi senza pensarci, assecondando il movimento meccanico delle nostre dita sul pad potremo sentirci pronti per avanzare, mai prima. Dark Souls III punisce senza pietà chi cerca scorciatoie o un avanzamento lineare.
I boss di fine livello, incubo e desidero di ogni fan della saga, sono forse i migliori dell’intera serie: ogni scontro offre una sfida diversa, da affrontare con il corretto equipaggiamento e dominando appieno la complessa danza che vede protagonisti il nostro eroe e il mostro. A tratti resistere alla tentazione di spegnere la console maledicendo il gioco si fa insopprimibile ma nonostante tutto qualcosa ci spinge a non arrenderci.

[caption id="attachment_153998" align="aligncenter" width="600"]Dark Souls III screenshot Dark Souls III - screenshot[/caption]

La magia di FromSoftware si nasconde tutta in quell’istante fra l’ennesimo YOU DIED e il ritorno al falò: come avevamo già scritto due anni fa parlando del predecessore “le morti e le sconfitte non possono mai essere imputati a bug, scarso bilanciamento dei nemici o errori di design, ogni singolo colpo che subiamo ha un solo colpevole e costui si trova dietro al pad, non dentro la console”.
Dark Souls III è fedele alle sue origini e, come il resto della serie, si ama o si odia, se siete privi di quel gusto masochistico che animava il gaming delle origini vi conviene fuggire dall’ultima opera di FromSoftware. Hidetaka Miyazaki e il suo team hanno portato a compimento un’opera titanica, non solo hanno dimostrato che esiste ancora un pubblico che brama titoli impegnativi, complessi e spigolosi ma sono pure riusciti a non tradire mai se stessi, a non scendere a patti con il mainstream. Anche a costo di vendere qualche copia in meno.

La saga di Demon's/Dark Souls rimarrà nella storia del gaming in rappresentanza di un modo di intendere i giochi di ruolo e, più in generale, come portabandiera di un gamedesign che non si arrende ai quick time event e ai filmati in CGI. Dark Souls III è un’esperienza ludica essenziale e, come tutte le cose essenziali, ci costringe a un doloroso percorso di errori, sconfitte e rinascite. Chi ci è già passato sa di cosa si parla, tutti gli altri, probabilmente, non hanno le abilità e la voglia necessari per esplorare il mondo maledetto abitato dai Signori dei Tizzoni.

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