Dark Matter (prima stagione) : la recensione

«Basata sul romanzo di Blake Crouch, Dark Matter ribadisce la supremazia di Apple TV+ nella genere della fantascienza d’autore»

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Basato su quello che è stato definito come uno dei migliori romanzi di fantascienza del decennio, Dark Matter è la nuova serie sci-fi di Apple TV+ con Joel Edgerton e Jennifer Connelly, disponibile dall’8 Maggio. Ecco la nostra recensione (senza spoiler). 

Il primo episodio di Dark Matter titola con una domanda: “Sei felice della tua vita?”
Un interrogativo esistenziale e una dichiarazione d’intenti che la serie porterà avanti dall‘inizio alla fine. Tutti ci siamo posti questa domanda e tutti almeno una volta ci siamo chiesti come sarebbe cambiato il corso della nostra esistenza se avessimo fatto scelte diverse. Insomma tutti noi abbiamo vissuto un momento “What If?”Dark Matter parte da qui, da quello che non è solamente un espediente narrativo fantascientifico molto di moda negli ultimi anni, ma una domanda fondamentale che colpisce a livello primordiale tutti gli essere umani.

Ulisse in salsa sci-fi

Tratto dal romanzo omonimo di Blake Crouch, Dark Matter è una storia su una strada non percorsa: Jason Dessen è un fisico, professore, marito e padre di famiglia che una notte, camminando per le strade di Chicago di ritorno a casa, viene rapito e catapultato in una versione alternativa della sua vita. Lo stupore iniziale si trasforma presto in un incubo che lo porterà a navigare in tante realtà parallele alimentate da una misteriosa scatola nera.

Come un fantascientifico Ulisse, Jason intraprende un viaggio per tornare alla sua vecchia vita incontrando lungo la strada tante versioni di sé stesso e sperimentando la moltitudine di vite che avrebbe potuto vivere. In questo labirinto di realtà Jason è disposto a tutto pur di riavere la sua famiglia e di salvarla dal nemico più terrificante e imbattibile che si possa immaginare: sé stesso.

Un diverso Multiverso

Per citare Dottor Strange, “il Multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco” e come si può intuire le narrazioni che lo esplorano possono essere infinite. Ad essere limitato è però l’interesse del pubblico per delle storie che occupano ormai da un decennio gran parte del panorama audiovisivo. A qualche anno dal successo dell’Infinity Saga della Marvel possiamo affermare che lo spettatore non ne può più del multiverso inteso solo come espediente per la messa in scena di mondi assurdi, spesso realizzati in CGI e in cui l’unico scopo è debellare il cattivo di turno e scongiurare la distruzione. 

Se però guardiamo oltre questa resa semplicistica, l’idea del multiverso deriva da un’interpretazione della meccanica quantistica secondo cui ogni possibile risultato di un evento si verifica in un universo separato, generando così molteplici realtà parallele. Ecco quindi che un concetto apparentemente alieno diventa accessibile, realistico e accomunabile alla vita di ognuno di noi, in cui la posta in gioco non è salvare il mondo ma fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni. Ed è proprio in questa direzione che viaggia Dark Matter.

Pubblicato nel 2016, quando il multiverso non aveva ancora saturato il mercato dell’intrattenimento pop, il romanzo originale fa un uso diverso di questo topos narrativo, più adulto e drammatico, avvicinandosi maggiormente a prodotti come Everything Everywhere All At Once che a Spider-Man: No Way Home. Per usare una metafora, Dark Matter racconta di una scatola che però è difficile da inscatolare. 

Dark Matter e Dark: una strana somiglianza

La scatola in questione è quella descritta in una delle prime scene della serie: Jason Dessen sta spiegando a degli annoiati studenti la teoria del Gatto di Schrödinger, un famoso esperimento mentale proposto dal premio Nobel Erwin Schrödinger nel 1935. Si descrive un gatto posto all’interno di una scatola chiusa insieme ad un contenitore di veleno: secondo i principi della meccanica quantistica, prima che la scatola venga aperta il gatto esiste simultaneamente in uno stato sovrapposto, chiamato Superposizione, in cui è sia vivo che morto. Questo concetto è noto come sovrapposizione quantistica, un esito che lo stesso Jason sarà destinato a sperimentare su sé stesso. Come Il Problema dei 3 Corpi anche Dark Matter prende il nome da una nozione della meccanica quantistica (la Materia Oscura) ma ancora più stringente è il parallelismo con un’altra serie di fantascienza di Netflix, diventata negli anni un cult: la tedesca Dark.

Se la spiegazione dell’esperimento di Schrödinger apre il primo episodio di Dark Matter, in Dark inaugura l'ultimo. In entrambe le serie è l’ossessivo desiderio di un uomo di scienza di cambiare il passato a dare il via alla storia, le cui conseguenze peseranno sul destino di molti. Entrambe utilizzano il multiverso per analizzare concetti come il destino, il libero arbitrio, il tempo e lo spazio. Entrambe non fanno affidamento alla potenza visiva ma piuttosto all’aspetto introspettivo e di approfondimento dei personaggi. Ma soprattutto entrambe ruotano attorno a drammi familiari ed affettivi, vero motore che spinge l’essere umano nelle proprie scelte. Sia Dark che Dark Matter (anche il titolo è simile) uniscono i misteri della fisica quantistica ad uno studio sui desideri e le aspirazioni insite negli esseri umani.

It’s a Wonderful Life in A Box

Il viaggio per tornare dalla propria famiglia porterà Jason a rimpiangere le gioie più piccole e scontate della vita che ha perso: una specie di versione sci-fi di George Bailey ne La vita è meravigliosa, film del 1946 di Frank Capra meravigliosamente citato nella serie. Perché Dark Matter è si una storia di fantascienza, ma più di tutto è una riflessione profonda sulla condizione umana, sulla potenza delle scelte, sull’accettazione di sé stessi, sulla natura propulsiva del desiderio e su quella corrosiva dell'invidia. L’aspetto scientifico è presente, così come i colpi di scena, ma Dark Matter mette un freno alle classiche esplorazioni di mondi paralleli, perchè fondamentale non è stupire lo spettatore guardando troppo a lungo all’esterno della scatola, ma piuttosto concentrarsi sull’interno, sui personaggi.

La fantascienza è interessante solo quando riesce ad emozionare e la serie Apple si distingue per il suo cuore di dramma intimo e commovente (ci sono alcune linee di dialogo che potrebbero lasciarvi in lacrime), cupo e freddo nei toni, ma caldo e pieno di speranza nei temi. Forse i puristi del genere storceranno il naso, ma parliamo di una serie sci-fi che funziona esattamente perché non si limita a riprodurre gli schemi visivi del genere, ma perché li radica all’esperienza personale dell’essere umano. 

Una trama sdoppiata

Nonostante la natura caleidoscopica del racconto, Dark Matter ha però una struttura narrativa lineare, o per meglio dire duplice. Esistono infatti due linee parallele distinte che, come le diverse facce di un prisma, raccontano un'unica storia ma seguendo regole di generi diversi. Senza spoilerare troppo, la trama di segue la vita di due particolari versioni di Jason Dessen, e dove una si delinea come un thriller domestico, l’altra è invece un misterioso road movie fantascientifico in cui si mescolano scienza e filosofia. Il colpo di scena finale, per quanto inaspettato, straziante e geniale, è però leggermente affrettato ed improvviso, oltre che non completamente coerente con il tono della storia.

Il ritmo dei nove episodi è lento senza essere noioso, in cui le informazioni sono distribuite in modo centellinato (anche Dark non era interessato ad imboccare velocemente lo spettatore). L’andamento è quindi incalzante ma non frenetico, abbastanza bilanciato (a volte l’aspetto riflessivo della serie prende il sopravvento) tra introspezione e tensione narrativa. Ci sono momenti in cui sarebbe stato utile un maggiore slancio sia registico che di montaggio, ma nonostante questo l’elemento della storia riesce sempre a mantenere vivo l’interesse per le sorti di (quasi) tutti i personaggi.

Doppia storia, doppie (e triple) performance

Nella storia che abbiamo descritto un ruolo centrale non può che averlo il cast. Le performance sono davvero sorprendenti, a partire da quella di Joel Edgerton (qui in veste anche di produttore esecutivo): è raro per un attore cimentarsi nella resa di più versioni dello stesso personaggio, ed Edgerton offre una doppia interpretazione ricca di sfumature, dinamica ma calibrata che gioca sulle sottigliezze. I suoi Jason sono diversi ma riconoscibili tra loro, ed incarnano appieno il tema dell’identità che la serie racconta e che nel finale si esprime in tutta la sua potenza, grazie soprattutto alla bravura dell’attore. 

Al cuore della serie c’è l’amore di Jason per la sua famiglia e per sua moglie Daniela, interpretata da una magnetica ma come sempre forse troppo algida Jennifer Connelly: la chimica tra loro è la forza trainante e i due riescono a restituire l’anima più romantica della serie. Rivelazione per Alice Braga nel ruolo di Amanda, che regala un’interpretazione commovente di un personaggio apparentemente banale ma in realtà vera bussola del protagonista, sicuramente il più bello della serie. Sempre ottimo ma forse poco sfruttato Jimmi Simpson, ormai volto abituale dei prodotti di natura distopica. In generale l’intero cast brilla per eleganza interpretativa e capacità di conquistare l’empatia del pubblico, l'unico obbiettivo primario della serie. 

La firma di Apple TV+ 

Sappiamo quanto sia faticoso orientarsi nel multiverso dello streaming e quanto sia difficile per i canali costruirsi un’identità riconoscibile dal pubblico. Nel caso di Apple TV+, ormai da qualche anno la piattaforma si sta delineando come la casa prediletta della fantascienza autoriale: Dark Matter è solo l’ultima aggiunta ad un catalogo che vede ottime serie come Foundation, Silo, For All Mankind, Monarch, Constellation, Invasion e soprattutto Severance. In diretta concorrenza con Il Problema dei 3 corpi di Netflix, Dark Matter si pone come il prossimo possibile fenomeno sci-fi dell’anno, dove se la prima mirava ad essere ambiziosa e spettacolare ma falliva nella caratterizzazione dei personaggi, la seconda è esattamente l’opposto. 

Merito forse della partecipazione non solo come produttore esecutivo, ma anche come creatore e showrunner dello stesso Blake Crouch: il suo romanzo è stato uno dei best seller del New York Times, i cui diritti d’adattamento, inizialmente per una trasposizione cinematografica, furono venduti ancor prima della sua pubblicazione. La prima stagione di Dark Matter ha già esaurito il materiale del romanzo, ma le possibilità di uno sviluppo narrativo sono infinite. La recente crisi della Marvel ci ha però insegnato che esiste una cosa chiamata multiverse fatigue, soprattutto quando si punta solo allo sfruttamento di un titolo e non più alla storia che si vuole raccontare. 

Un solido thriller fantascientifico

Dark Matter è una serie sorprendente, strutturata come un thriller transdimensionale che non ha paura di sfidare lo spettatore non solo al gioco della comprensione di complessi concetti scientifici ma anche sul piano della riflessione filosofica. Sono più le domande che le risposte e nell’era dei prodotti di facile intrattenimento è commovente guardare una serie che non vuole insegnare qualcosa a tutti i costi, ma piuttosto esplorare la bellezza del mettersi in discussione. 

La prima stagione di Dark Matter è disponibile dall’8 Maggio su Apple TV+ con i primi due episodi, mentre i restanti sette verranno rilasciati settimanalmente ogni mercoledì fino al 26 Giugno. E voi guarderete Dark Matter? Commentate se avete un abbonamento a BadTaste+!  

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