Daredevil 1, la recensione
Zdarsky e Checchetto ci regalano una storia di Daredevil rispettosa della tradizione ma dal gusto moderno
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Uscito malconcio da un incidente con un camion, Matt Murdock ha dovuto osservare un periodo di riposo forzato, dopodiché è stato costretto a un estenuante percorso di recupero. Ora, però, l’avvocato cieco è deciso a riprendersi la sua vita e tornare a essere l'eroe di Hell’s Kitchen noto come Daredevil.
La figura al centro della nuova serie pubblicata da Panini Marvel Italia è quella di un uomo travagliato nell’animo e ancora ferito nel corpo. L’incidente ha indubbiamente scombussolato più del solito Matt, lasciandolo apparentemente senza punti di riferimento. Sin dalle prime battute, è evidente che Zdarsky non miri a stravolgere il personaggio o a condurre la narrazione lungo binari inediti, e tutto si svolge seguendo i punti cardine del leggendario ciclo di storie di Frank Miller: la formazione cattolica, il rapporto con il padre, il senso di giustizia. E la passione per le donne. Alternando flashback e sequenze d’azione, lo scrittore canadese mantiene l'equilibrio tra tutte queste componenti, mentre - un dialogo dosato dopo l'altro - facciamo la conoscenza di questo nuovo/vecchio Matt Murdock, ancora lontano dalla miglior condizione.
Sebbene sia presto per lanciarsi in paragoni illustri con le grandi gestioni del passato – da Ann Nocenti a Kevin Smith, da Brian M. Bendis a Ed Brubaker - le premesse di questo rilancio sono esaltanti e non vediamo l'ora di scoprire se cotanta qualità verrà mantenuta ogni mese, come accade sulle pagine di Venom e Immortal Hulk, serie Marvel dalla costanza impressionante. Per il Diavolo di Hell's Kitchen significherebbe un meritato ritorno ai vertici, dopo la popolarità acquisita negli ultimi anni; per i lettori, l'inizio di un nuovo, grande ciclo di storie da aggiungere, come fosse una filastrocca, a quelli sopracitati.
Superlativa la prova di Marco Checchetto, ormai una delle firme più importanti in seno alla Casa delle Idee, grazie a un'evoluzione stilistica che l'ha reso ancor più raffinato ed espressivo. L'artista veneziano è impeccabile nella recitazione dei personaggi, che si tratti di scene di lotta o di dialogo, risultando efficace anche quando deve trasmettere la goffaggine del protagonista, alle prese con problemi fisici. Il tratto pulito e modulato di Checchetto è sempre più riconoscibile, figlio di un percorso di crescita che su queste pagine raggiunge il suo punto più alto, con echi di Travis Charest e del John Romita Jr. dell'originale Man Without Fear, ma sempre personalissimo. Il suo Matt Murdock, dichiaratamente ispirato a un giovane Robert Redford, è già il più convincente e affascinante degli ultimi anni.
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