Daredevil 1, la recensione

Zdarsky e Checchetto ci regalano una storia di Daredevil rispettosa della tradizione ma dal gusto moderno

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Daredevil #1, anteprima 01

Uscito malconcio da un incidente con un camion, Matt Murdock ha dovuto osservare un periodo di riposo forzato, dopodiché è stato costretto a un estenuante percorso di recupero. Ora, però, l’avvocato cieco è deciso a riprendersi la sua vita e tornare a essere l'eroe di Hell’s Kitchen noto come Daredevil.

Dopo l’altalenante run di Charles Soule (chiusasi con un grosso buco nell’acqua) e la dimenticabile miniserie L'Uomo Senza Paura, la gestione della testata regolare passa nelle mani di Chip Zdarsky, sceneggiatore che negli ultimi anni ha firmato importanti cicli narrativi sulle pagine di Howard the Duck, Star-Lord, Peter Parker: The Spectacular Spider-Man e Marvel Two-in-One. Per ognuna delle testate su cui ha lavorato, il co-creatore di Sex Criminals ha firmato storie che riportassero in auge lo spirito originale, presentando al pubblico avventure che sintetizzano tradizione e un gusto moderno per la narrazione. L’esordio su Daredevil è l’ennesima conferma di questo particolare talento di Zdarsky, sempre più maestro del back to basics come il suo idolo (e predecessore sulla serie) Mark Waid.

La figura al centro della nuova serie pubblicata da Panini Marvel Italia è quella di un uomo travagliato nell’animo e ancora ferito nel corpo. L’incidente ha indubbiamente scombussolato più del solito Matt, lasciandolo apparentemente senza punti di riferimento. Sin dalle prime battute, è evidente che Zdarsky non miri a stravolgere il personaggio o a condurre la narrazione lungo binari inediti, e tutto si svolge seguendo i punti cardine del leggendario ciclo di storie di Frank Miller: la formazione cattolica, il rapporto con il padre, il senso di giustizia. E la passione per le donne. Alternando flashback e sequenze d’azione, lo scrittore canadese mantiene l'equilibrio tra tutte queste componenti, mentre - un dialogo dosato dopo l'altro - facciamo la conoscenza di questo nuovo/vecchio Matt Murdock, ancora lontano dalla miglior condizione.

"Tutto si svolge seguendo i punti cardine del leggendario ciclo di storie di Frank Miller: la formazione cattolica, il rapporto con il padre, il senso di giustizia."È infatti un Daredevil che incassa parecchi colpi quello che tenta di tornare in auge in questo primo capitolo; una figura volitiva ma vulnerabile che ricorda il vigilante in nero (costume che, non a caso, torna a fare capolino su queste pagine) della serie televisiva Netflix, il quale sanguina continuamente mentre affronta criminali di bassa lega. Si torna, insomma, a una versione del Cornetto decisamente urbana e umana, quella che ne ha sancito la rinascita e il successo dagli anni Ottanta in poi, fino alla consacrazione presso il grande pubblico.

Sebbene sia presto per lanciarsi in paragoni illustri con le grandi gestioni del passato – da Ann Nocenti a Kevin Smith, da Brian M. Bendis a Ed Brubaker - le premesse di questo rilancio sono esaltanti e non vediamo l'ora di scoprire se cotanta qualità verrà mantenuta ogni mese, come accade sulle pagine di Venom e Immortal Hulk, serie Marvel dalla costanza impressionante. Per il Diavolo di Hell's Kitchen significherebbe un meritato ritorno ai vertici, dopo la popolarità acquisita negli ultimi anni; per i lettori, l'inizio di un nuovo, grande ciclo di storie da aggiungere, come fosse una filastrocca, a quelli sopracitati.

Superlativa la prova di Marco Checchetto, ormai una delle firme più importanti in seno alla Casa delle Idee, grazie a un'evoluzione stilistica che l'ha reso ancor più raffinato ed espressivo. L'artista veneziano è impeccabile nella recitazione dei personaggi, che si tratti di scene di lotta o di dialogo, risultando efficace anche quando deve trasmettere la goffaggine del protagonista, alle prese con problemi fisici. Il tratto pulito e modulato di Checchetto è sempre più riconoscibile, figlio di un percorso di crescita che su queste pagine raggiunge il suo punto più alto, con echi di Travis Charest e del John Romita Jr. dell'originale Man Without Fear, ma sempre personalissimo. Il suo Matt Murdock, dichiaratamente ispirato a un giovane Robert Redford, è già il più convincente e affascinante degli ultimi anni.

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