Dangerous, la recensione

È talmente raffazzonato, macchiettistico e sgraziato questo Dangerous di David Hackl che sembra sia stato realizzato con un generatore automatico di film d’azione.

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La recensione di Dangerous, dal 21 febbraio su Prime Video

È talmente raffazzonato, macchiettistico e sgraziato questo Dangerous di David Hackl che sembra sia stato realizzato con un generatore automatico di film d’azione. I cliché e gli spunti tipici del genere action quali il protagonista violento e problematico, la trama di redenzione, il mistero di un passato da risolvere e, ovviamente, i momenti di combattimento, sono infatti tutti elementi che vengono qui accostati tra loro ma che non vengono mai intrecciati con motivazioni razionali e/o comprensibili. Dangerous risulta così irrimediabilmente pretestuoso, involontariamente comico, ed essendo inoltre anche registicamente amatoriale e goffo rimane praticamente aggrappato sull’unica cosa decente che ha: la fotografia (che comunque è piuttosto piatta, ma almeno regge).

Questa storia scritta da Christopher Borrelli in effetti parte già malissimo, con un prologo davvero confuso ma da cui deduciamo che il protagonista Dylan(Scott Eastwood) è un violento in libertà vigilata con problemi mentali un po’ vaghi seguito da uno psicologo che ogni tanto sente al telefono - un personaggio senza senso interpretato da Mel Gibson, il quale gli fa prendere delle pillole per contenere la rabbia (anche se poi dice che le prende perché è sociopatico, quindi chissà). Dopo aver ricevuto la notizia della morte del fratello, Dylan evade per raggiungere l’isola sperduta dove questo viveva insieme alla madre (e ad altre persone non meglio identificate) e, in teoria con alle calcagna una poliziotta (che invece scompare per tutto il film) si ritrova a dover difendere la casa e proteggere le persone dall’arrivo di mercenari violenti che cercano qualcosa che, letteralmente, nessuno sa cos’è.

Se la storia non brilla certo per coerenza ad aiutarla non riesce nemmeno - e in nessuna misura - la regia. David Hackl si muove infatti con i piedi di piombo in ogni scena, inquadrando a sentimento i visi esagitati o inespressivi dei suoi attori e prospettive senza senso, in un susseguirsi claudicante di momenti che sfiorano spesso il comico involontario. In questo turbinio delirante dove tutto è lecito ma quasi niente ha una motivazione Scott Eastwood mantiene una durezza scultorea che quasi lo salva, eccetto rovinare poi tutto quando comincia a fare il “matto”.

Dangerous ce l’avrebbe pure una cosina da dire (che riguarda appunto l’accettazione della malattia mentale) ma questa cosa è talmente mal costruita e peggio argomentata che, tra dialoghi imbarazzanti e cambi repentini di intenzioni da parte dei personaggi, niente sembra avere senso. Un disastro su tutti i fronti.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Dangerous? Scrivetelo nei commenti!

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