Dancing Queens, la recensione

Una ragazza che si finge ragazzo per potersi travestire da donna è una buona idea. È Dancing Queens semmai ad essere un pessimo film

Critico e giornalista cinematografico


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Dancing Queens, la recensione

Ci sarebbe anche un’idea al centro di Dancing Queens, una proprio di numero, quella di ribaltare il cliché dell’uomo che per lavorare si traveste da donna (in sé una trovata esilarante, considerato come le donne facciano più fatica degli uomini a trovare lavori soddisfacenti e a essere pagate l’equivalente di un uomo) e avere una protagonista che si finge un uomo per poter ballare in uno spettacolo di drag queen. Quindi è una ragazza che sostiene di essere un ragazzo per potersi travestire da donna e, finalmente, ballare. Sembra un incastro da Almodovar ma, a differenza di quel che sarebbe potuto accadere in un suo film, la ragione di tutto è che in quel club di drag queen lavora un coreografo pieno di idee e lei non è entrata in una prestigiosa scuola di ballo.

Sembrano tantissimi eventi per un film, ma in realtà finisce tutto qui. Dancing Queens prende la struttura classica del cinema americano dei “grandi domani” (la scuola, l’alternativa di strada, un gruppo di reietti, l’equivoco, il finale con il ritorno a casa e la grande riconciliazione) e la applica senza metterci nulla di proprio. Anzi. Senza metterci nulla. I tempi sono dilatatissimi e la maggior parte del minutaggio, quello che sarebbe toccato a un intreccio più importante, è invece dedicato a fare in modo che ognuno racconti la propria storia a parole.

C’è insomma lo sforzo minore possibile nel concepire una storia in questo continuo introdurre personaggi senza mai affrontarli veramente. Sforzo blando che si rispecchia poi in un finale che porta su di sé il marchio infamante delle peggiori sceneggiature: l’accoppiamento forzato di ogni personaggio, anche i più marginali (perché come noto non ci può essere felicità da soli).

Anche la buona idea di giocare a confondere le sessualità in una storia ambientata in un club di drag queen viene così sprecata in una rincorsa della convenzionalità. Convenzionalità del film che in un attimo diventa convenzionalità della visione di mondo, di sentimenti e di sessualità.

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