Dampyr 194: La città abbandonata, la recensione

Domani esce il nuovo numero di Dampyr, intitolato La città abbandonata: l'abbiamo recensito per voi in anteprima

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Con La città abbandonata, Dampyr cambia completamente registro rispetto al precedente e fondamentale numero 193. Nessun Maestro della Notte e nessun demone in scena, dopo la scorpacciata de I misteri di Cagliari, ma non per questo viene meno l'orrore che i protagonisti devono affrontare, anzi: l'atmosfera è addirittura più cupa e inquietante.

L'ambientazione principale è la città fantasma di Pripyat, situata nell'Ucraina settentrionale, abbandonata dopo la tragedia della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta nel 1986. A trent’anni di distanza dal disastro ambientale, c'è chi si aggira ancora tra i suoi ruderi e le sue strade spettrali. Sono turisti illegali, alla ricerca di una speciale scarica di adrenalina. Verranno soddisfatti oltre le loro aspettative dall'abominio nascosto in quel luogo, che troverà nel corpo della guida della comitiva l'ospite in cui incubarsi.

La prima dozzina di pagine introduce in maniera esemplare la trama secondo uno schema ben consolidato sulla testata, a cui segue il coinvolgimento di Harlan e compagni; poi si torna nell'ex stato dell'Unione Sovietica, dove la spaventosa metamorfosi di Fyodor, l'ex accompagnatore della comitiva, ha attirato l'interesse della Scienza e dell'Esercito. Contro il segreto che custodisce e la catastrofe che può scatenare, nulla possono le nostre conoscenze e le nostre armi.

Tornano in scena i Grandi Antichi, l'omaggio dell'universo dampyriano alle raccapriccianti semi-divinità extraterrestri nate dal genio di H.P. Lovecraft. Come nella passata storia di Oltre la soglia (Dampyr 176), Andrea Del Campo dà il meglio di sé, anzi si supera nella raffigurazione delle aberranti creature venute da chissà quale remoto angolo del cosmo o di un'altra dimensione. Nella figura di Fyodor ritroviamo anche l'influenza di un maestro come Paolo Eleuteri Serpieri e il suo Schastar, il compagno di Druuna, che incontriamo per la prima volta in Morbus Gravis.

La bravura di un veterano come Luigi Mignacco ai testi è ben nota: prospettive, piani e campi sono incastrati con perfetta scelta di tempo in un continuo narrativo fluido e avvolgente. Ma rimane la prova dell'artista di origini siciliane il surplus qualitativo di questo fumetto, considerando la difficoltà dei soggetti da realizzare e da rendere non solo credibili, ma soprattuto incredibili.

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