Dampyr 221: Pianeta di sangue, la recensione
Abbiamo recensito per voi Dampyr 221: Pianeta di sangue, di Giorgio Giusfredi e Alessio Fortunato
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Queste mese, a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro, ben due fumetti scritti da Giorgio Giusfredi, una delle penne più giovani e talentuose di Sergio Bonelli Editore, sono arrivati in edicola. Dopo il settimo Color Zagor, lo scorso 3 agosto è toccato al Dampyr 221: Pianeta di sangue.
Ci viene presentato un inventore francese realmente esistito, segnato da una fine misteriosa e a dir poco romanzesca. Louis Aimé Augustin Le Prince, considerato da molti esperti come il vero padre del Cinema - prima ancora dei propri concittadini Auguste e Louis Lumière e dello statunitense Thomas Alva Edison - scompare improvvisamente il 16 settembre 1890 senza lasciare traccia, mentre è in viaggio sul treno che va da Digione a Parigi.
Questo spettacolare preambolo è solo il punto di partenza, la suggestiva cornice di un'avventura adrenalinica in cui è riservata alla bella Ljuba un ruolo particolarmente drammatico ed essenziale, e dove Harlan Draka riscoprirà al suo fianco una splendida e imprevista alleata.
La trama è ricca di spunti, dettagli e testimonia in maniera coinvolgente la passione che Giusfredi riesce a infondere alle pagine che scrive, conquistando immancabilmente il lettore. L'agile e spigliata sceneggiatura, un viaggio onirico e allucinante costellato di immagini macabre - non di rado raccapriccianti - che amplificano l'atmosfera horror di base, si sposa perfettamente con la matita superba di Alessio Fortunato.
Il tratto dell'artista assume le fattezze di un ricamo, un ordito di tratteggi funzionale a un controllo raffinato dei chiaroscuri e a un uso patinato ed elegante di luci e ombre; è un reticolo di linee che si dipana ed espande sulla tavola, una maglia che appare evidente e più grossolana in certi frangenti per poi stringersi, arrivando a chiudersi su se stessa e ad assumere senso e forma attraverso una vasta gamma di risoluzioni.
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