Dampyr, la recensione
La grande ambizione produttiva e il desiderio di giocare nell'arena internazionale portano Dampyr a sfruttare male le proprie carte
La recensione di Dampyr, il film in uscita il 28 ottobre nei cinema italiani
La storia è quella del fumetto Bonelli, cioè nei Balcani degli anni ‘90, durante la guerra, un gruppo di soldati aggredito e massacrato da vampiri si rivolge ad un Dampyr (cacciatore di vampiri con poteri paragonabili) per un aiuto. Sarebbe in realtà un ciarlatano che truffa i paesani, con sua stessa sorpresa però si scopre essere davvero ciò che fino a poco prima millantava, un mezzosangue figlio di un’umana e di un Maestro della Notte. Aiutato da una vampira in contrasto con il suo Maestro, ben presto avrà chiaro che lo scontro con il padre è inevitabile.
Sia chiaro che le idee e i momenti buoni ci sono pure in Dampyr, ma non bastano mai. Del resto quando in un cinecomic anche l’azione è ben fatta ma terribilmente generica, tarata sulle medesime dinamiche di scontro, le stesse mosse, le stesse pose e le stesse azioni che si vedono ovunque e nemmeno con impressionanti evoluzioni, c’è un problema. Un problema di fusione tra messa in scena e racconto perché l’azione, pur essendo molta, non è mai usata per raccontare qualcosa o qualcuno ma è sempre un interludio da sbrigare tra fasi di dialogo esplicativo.
Se quindi l’impostazione è questa, quella di un film che non vuole stupire né essere unico o originale in nessuna maniera, la realizzazione oscilla tra il molto curato (la mole produttiva è chiara, la grandezza delle scenografie e la meticolosità del trucco sono evidenti, la mano di Chemello è evidente) e il male sfruttato. Con un impianto visivo non all’altezza tutte le armi che poteva avere Dampyr non le sfrutta. A partire da un casting che ricalcando i volti dei fumetti non ha trovato attori a livello. Lo si vede quando arriva un’enfasi fortissima su battute che non hanno di loro una vera enfasi e la colonna sonora, che corre prontamente in soccorso, in realtà fa peggio. Infine un doppiaggio italiano scollatissimo finisce di uccidere le interpretazioni, quando non proprio affossa il resto con le più convenzionali risate malvagie.