Curon (prima stagione): la recensione in anteprima

La nostra recensione in anteprima, priva di spoiler, della prima stagione della serie Curon

Condividi
La nuova serie Netflix intitolata Curon, la cui prima stagione debutterà il 10 giugno, accompagna le produzioni italiane realizzate per la piattaforma di streaming internazionale in atmosfere sovrannaturali in cui tradizioni locali, paesaggi suggestivi, problemi tra genitori e figli, complicate dinamiche tra teenager e una buona dose di misteri si mescolano. Tanti, forse troppi, gli elementi sviluppati nelle sette puntate realizzate da Indiana Production durante le quali le vite dei numerosi personaggi si intrecciano nella cornice della cittadina di Curon, in Alto Adige.

Al centro della trama c'è Anna (Valeria Bilello) che torna per la prima volta dopo 17 anni nella sua città natale, Curon, insieme ai suoi figli: i gemelli Mauro (Federico Russo) e Daria (Margherita Morchio). L'accoglienza non è però delle più calorose, in famiglia e nella comunità trentina. La situazione prende poi una svolta inaspettata quando Anna scompare senza apparentemente lasciare traccia, costringendo quindi i due teenager a compiere un percorso che li obbligherà ad affrontare un lato oscuro della propria famiglia che non avrebbero mai potuto immaginare, oltre a portare alla luce i segreti del passato di Curon e dei suoi abitanti.

La regia delle sette puntate è stata affidata a Fabio Mollo e Lyda Patitucci, mentre la sceneggiatura è invece firmata da Ezio Abbate che ha guidato un gruppo di autori composto anche da Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano.
Nel cast spazio anche a Luca Lionello (Thomas), Anna Ferzetti (Kiara), Alessandro Tedeschi (Albert), Juju Di Domenico (Miki), Giulio Brizzi (Giulio), Max Malatesta (Ober) e Luca Castellano (Lukas).

Curon possiede un'atmosfera molto suggestiva, ben costruita, con una fotografia in grado di enfatizzare i contrasti e le luci e le ombre che la location regala al progetto prodotto per Netflix. La cornice del racconto riesce così a impreziosire una narrazione che in più momenti sfugge al controllo degli autori e degli interpreti espandendosi in troppe direzioni. La scelta di non concentrarsi su un numero limitato di idee sembra ostacolare in parte il buon risultato del progetto: il passato degli adulti non ha uno spazio adeguato, nonostante un flashback significativo che apriva le porte a un ulteriore sviluppo particolarmente affascinante, mentre le dinamiche tra teenager si evolvono fin troppo rapidamente, rendendo poco credibile lo stabilirsi di amicizie (e amori) e i conflitti che animano le loro interazioni. L'elemento sovrannaturale, poi, lascia qualche domanda in sospeso di troppo. Risulta invece apprezzabile il lavoro compiuto sulla costruzione del rapporto tra i due gemelli, e tra Anna e i suoi figli.

Margherita Morchio e Federico Russo hanno lavorato bene prima di arrivare sul set e il frutto del loro impegno si nota nei confronti tra i due teeenager e nella seconda parte di questa prima stagione, che li mette maggiormente alla prova anche dal punto di vista fisico.

Dispiace, invece, dover notare come alcune situazioni e battute appaiano forzate e prive di un'effettiva utilità all'interno del racconto, mentre alcuni dialoghi non possiedono quella naturalezza che ci si potrebbe attendere.

Il livello discontinuo della sceneggiatura si riflette purtroppo anche nelle interpretazioni. A distinguersi in positivo sono Luca Lionello che riesce a delineare con Thomas una presenza la cui esteriorità apparentemente dura e insuperabile nasconde una sofferenza alimentata da dubbi e rimpianti, e Anna Ferzetti che ha costruito bene le sfumature di Kiara e l'insicurezza che emerge dopo il ritorno di una figura legata al suo passato con cui pensava di non doversi più confrontare. Lo spazio assegnato ad Alessandro Tedeschi, che deve fare i conti con un personaggio che esprime il suo potenziale solo nelle battute finali delle sette puntate prodotte (un po' come accade alla protagonista Valeria Bilello per una precisa scelta narrativa), al contrario, appare purtroppo limitato.

La rappresentazione delle tradizioni e della vita nella comunità montana, inoltre, è intrigante ma lascia il desiderio e la curiosità di scoprire qualche dettaglio in più della quotidianità all'interno di una comunità come quella di Curon.
Se la fotografia appare ben calibrata sulla direzione che vuole prendere la storia, lo stesso non si può dire della colonna sonora che spazia dalle hit di maggior appeal per il pubblico più giovane a delle composizioni strumentali originali che cercano con un eccesso di insistenza di enfatizzare la tensione su cui sono costruite le scene.

Senza rivelare importanti spoiler riguardanti il mistero che rappresenta la colonna portante della struttura narrativa, non si può che esprimere un po' di insoddisfazione nel constatare che Curon, pur intrigando e intrattenendo, non raggiunge pienamente il proprio obiettivo. La serie, tuttavia, potrebbe riuscire a catturare l'attenzione degli spettatori internazionali alla ricerca di un racconto che regala qualche brivido e non richiede particolare impegno durante la visione, sfruttando a proprio favore anche le immagini davvero uniche di paesaggi come quello del lago di Resia e quell'atmosfera un po' glaciale e rarefatta che ha già contribuito al successo di altri titoli esteri.

CORRELATO ALLA RECENSIONE DELLA PRIMA STAGIONE DI DI CURON:

Continua a leggere su BadTaste