Croce e Delizia, la recensione

Parte convenzionale Croce e Delizia e lentamente svela un'anima molto più peculiare e riuscita

Critico e giornalista cinematografico


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Croce e Delizia non è quello che poteva sembrare guardando il trailer. A partire da uno schema molto abusato dalle commedie italiane degli ultimi anni, quello di Ferie d’Agosto poi tradotto in Benvenuti al Sud e riportato un’altra volta al successo da Come un Gatto in Tangenziale, racconta il paese attraverso lo scontro di due diversità che poi si scoprono non essere tali.

Due uomini annunciano alle rispettive famiglie di essere gay e di stare insieme. Sono entrambi stati sposati e hanno entrambi dei figli ormai adulti, in certi casi hanno anche dei nipoti. Lo stesso a cinquanta e passa anni scoprono l’amore omosessuale. Le loro due famiglie, una di pescivendoli, l’altra di mercanti d’arte, reagiscono con gradi diversi di scandalo e fastidio.

Stavolta non è quindi Nord contro Sud ma poveri contro ricchi, che in un attimo diventa intolleranti contro tolleranti. Tuttavia, più avanza più Croce e Delizia si lascia alle spalle questo spunto e inizia a diventare altro. Si scopre che nella famiglia tollerante non tutti lo sono (e qui siamo ancora nella norma) e che quella intollerante passa volentieri sulle proprie posizioni per ragioni d’affetto. L’approfondimento dei personaggi inizia a schiacciare le convenzioni con le quali era partito il film. Più avanti ancora, poi, il film smetterà di essere corale e diventerà chiaro come in realtà racconti solo di due tra quelle persone (non quelle che ci si aspetta), gli unici due personaggi di tutto il film che, se gli si cambiasse carattere, occorrerebbe cambiare tutta la trama. E questa scoperta arriva come il cuore di una cipolla una volta scartati i diversi strati di cinema usuale.

Dietro Croce E Delizia c’è lo stesso duo che aveva animato un altro film solo fintamente convenzionale, Moglie e Marito, ovvero Simone Godano alla regia e Giulia Steigerwalt alla sceneggiatura. I due, anche quando navigano nei porti sicuri dei cliché del nostro cinema (e lo fanno, dimostrandosi non impermeabili a soluzioni degne di Veronesi come montaggi musicali strappa-empatia e momenti in cui il cast intero balla per riconciliarsi), mostrano una cura non comune per i dettagli e la costruzione di un mondo convincente. Quando compare Anna Galiena, madre di Jasmine Trinca, è subito evidente quanto le due si somiglino. Quando due personaggi concordano sulla faccia da schiaffi che ha il personaggio interpretato da Bentivoglio, è subito evidente a quale espressione fanno riferimento (e hanno ragione!).

Di nuovo, come in Moglie e Marito, il segreto di Godano-Steigerwalt sembra essere un lavoro molto più centrato della media sugli attori (impagabile il fidanzato toy boy, barba, birra e indolenza).

Su tutti però è il personaggio che scopriremo essere la croce e la delizia del titolo la vera svolta del film. Nella seconda parte la commedia gay viene lascia sempre più indietro per esplorare un carattere peculiare, eppure facile da riconoscere, in tutte le sue contraddizioni e le sue spigolosità come il cinema non fa mai. Odioso, affettuoso, irritante ma in fondo accettabile se visto dagli occhi di chi lo ama davvero, la croce e delizia del film è una sorpresa che non è nemmeno possibile immaginare che esista fino a che il film non la presenta, perché le nostre commedie a tutto ci hanno abituato tranne che a un lavoro sofisticato sui personaggi. E questo svelamento (per nulla portato con clamore ma anzi stranamente naturale) separa immediatamente Croce e Delizia da tutti i film apparentemente sembra somigliare.

Infine, una nota a margine che non ha niente a che vedere con il giudizio sul film: vale la pena registrare quella che a spanne è probabilmente la prima volta che in una commedia italiana di primo piano (cioè con delle star del nostro cinema) si fa riferimento a un videogioco esistente ed effettivamente noto (Fortnite) senza usarlo come mezzo per denigrare un personaggio. Niente schermate inventate, nomi senza senso, device goffi e non esistenti, tecnologie impossibili, dinamiche di gioco risibili finalizzate ad una gag, ma un oggetto che serve a connotare il film nei nostri anni come farebbe una locandina, un disco o un’automobile.

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