Il Crimine Non Va In Pensione, la recensione
Poteva anche essere accettabile, forse godibile, Il Crimine Non Va In Pensione, fosse stato meno dozzinale nell'esecuzione
La ricetta è prendere una serie di attori più o meno famosi, di certo noti un tempo e dotati di un credito presso un pubblico oggi in là con gli anni, metterli in uno scenario amaro in cui la loro età li mortifichi e poi prenderli in un intreccio che li rimetta in gioco in una trama di genere, consentirgli insomma di ribaltare la loro situazione e dimostrare di essere ancora in grado di avventure o emozioni giovanili. Con in più un immancabile (ma anche inutile) personaggio giovane accanto a loro.
C’è tutto questo in Il Crimine Non Va In Pensione, onesto fin dal titolo con le proprie premesse. Gianfranco D’Angelo, Gisella Sofio (nella sua ultima apparizione sullo schermo e l'unica sempre in tono, sempre divertente), Stefania Sandrelli, Orso Maria Guerrini e Ivano Marescotti sono in una casa di riposo, una loro amica, derubata da un maledetto giovanotto, ha bisogno di soldi perché ancora mantiene la figlia e loro hanno l’idea di derubare un Bingo con l’aiuto dell’esperto ladro Maurizio Mattioli (attore di un’efficacia rara, capace di dare tutto alle volte anche in una scena sola). Elaboreranno un piano con l'aiuto dell'infermiere Fabio Fulco (anche regista del film), incontreranno fortunosamente (ma forse è più giusto dire pretestuosamente) Franco Nero e cercheranno di farla franca.
Con queste premesse e volendole accettare, Il Crimine Non Va In Pensione potrebbe anche essere una visione piacevole, non fosse per la piccola moralina di fondo, per la sciatteria con la quale anche la parte di commedia è affrontata, per l’omofobia esibita senza pudore come si vedeva nei film di Natale di una volta o ancora per l’uso criminale delle musiche, così prive di personalità, così generiche e scollate dal film eppure anche così usate, presenti e insistenti. Insomma poteva anche essere un film piacevole se non fosse così smaccatamente dozzinale.