Il Crimine Non Va In Pensione, la recensione

Poteva anche essere accettabile, forse godibile, Il Crimine Non Va In Pensione, fosse stato meno dozzinale nell'esecuzione

Critico e giornalista cinematografico


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Basterebbero solo i momenti di bella recitazione, così isolati, caricati, attesi, preparati e spiattellati senza nessuna amalgama con il resto del film, solo piazzati ad un certo punto come un passaggio obbligato, per smascherare Il Crimine Non Va In Pensione come il più classico dei film “non è mai troppo tardi”, cinema da terza età in cui gli anziani si comportano da giovani, che non ci inventiamo in Italia ma che prendiamo dopo i diversi successi più o meno clamorosi nel resto del mondo.
La ricetta è prendere una serie di attori più o meno famosi, di certo noti un tempo e dotati di un credito presso un pubblico oggi in là con gli anni, metterli in uno scenario amaro in cui la loro età li mortifichi e poi prenderli in un intreccio che li rimetta in gioco in una trama di genere, consentirgli insomma di ribaltare la loro situazione e dimostrare di essere ancora in grado di avventure o emozioni giovanili. Con in più un immancabile (ma anche inutile) personaggio giovane accanto a loro.

C’è tutto questo in Il Crimine Non Va In Pensione, onesto fin dal titolo con le proprie premesse. Gianfranco D’Angelo, Gisella Sofio (nella sua ultima apparizione sullo schermo e l'unica sempre in tono, sempre divertente), Stefania Sandrelli, Orso Maria Guerrini e Ivano Marescotti sono in una casa di riposo, una loro amica, derubata da un maledetto giovanotto, ha bisogno di soldi perché ancora mantiene la figlia e loro hanno l’idea di derubare un Bingo con l’aiuto dell’esperto ladro Maurizio Mattioli (attore di un’efficacia rara, capace di dare tutto alle volte anche in una scena sola). Elaboreranno un piano con l'aiuto dell'infermiere Fabio Fulco (anche regista del film), incontreranno fortunosamente (ma forse è più giusto dire pretestuosamente) Franco Nero e cercheranno di farla franca.

Certo non poteva un film italiano funzionare come quelli americani, perché se in America il genere è una cosa seria, da noi non è la stessa cosa. Da noi la commedia è una cosa seria. Quindi questa rapina sarà una rapina da macchietta, loro non saranno davvero capaci, ma come sempre dimostreranno un gran cuore nell’aiutarsi a vicenda, quell’idea degli altri come ammortizzatore sociale che manda avanti le nostre trame tanto quanto il paese.

Con queste premesse e volendole accettare, Il Crimine Non Va In Pensione potrebbe anche essere una visione piacevole, non fosse per la piccola moralina di fondo, per la sciatteria con la quale anche la parte di commedia è affrontata, per l’omofobia esibita senza pudore come si vedeva nei film di Natale di una volta o ancora per l’uso criminale delle musiche, così prive di personalità, così generiche e scollate dal film eppure anche così usate, presenti e insistenti. Insomma poteva anche essere un film piacevole se non fosse così smaccatamente dozzinale.

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