Crazy Heart - La recensione

Un cantante country alle prese con una storia sentimentale importante e la sua carriera in declino. Una storia decisamente convenzionale, riscattata da un ottimo cast, in particolare il monumentale Jeff Bridges...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloCrazy HeartRegiaScott CooperCast
Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal, Robert Duvall, James Keane, Jack Nationuscita5 marzo 2010La Scheda del Film

Ci sono film che hai l'impressione di aver visto già centinaia di volte. Non è, come viene detto in Crazy Heart, uguale al caso delle "belle canzoni, che pensi di aver già sentito anche se è la prima volta". In questa situazione, siamo più dalle parti di una storia ricalcata precisamente su altri modelli. Alle giovani generazioni, ricorderà soprattutto The Wrestler e non c'è dubbio che due aspetti della trama siano pressoché identici.

Ma il modello più sfacciato è decisamente Un tenero ringraziamento, la pellicola che permise a Robert Duvall di vincere l'Oscar come miglior attore protagonista (e non è un caso che quell'interprete abbia un ruolo importante anche qui). La storia è esattamente la stessa: cantante "che fa tutti i due generi: il country e il western" (come direbbero nei Blues Brothers), alcolizzato e che si ritrova a voler cambiare vita per salvaguardare il rapporto con una donna e il suo bambino.

Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Tuttavia, si rischia di essere ingenerosi con Crazy Heart, perché in questi casi la differenza la fa il cast e il modo in cui la storia risulta credibile. Da questo punto di vista, non c'è dubbio che siamo su livelli molto alti, a cominciare dal protagonista Jeff Bridges. La sua prova, per certi versi, è sorprendente. Ci si poteva aspettare un one man show, un'interpretazione che richiedesse i riflettori sempre puntati e magari qualche monologo forte adatto ai premi, magari qualcosa sulla vena del famigerato "Pacino blast" (ossia, le classiche esplosioni di rabbia di Al Pacino).

Invece, nulla di tutto questo, considerando che Bridges non cerca le scene madri, ma lavora di sottrazione e in perfetta collaborazione con i suoi colleghi attori. Così, magari all'inizio lo vediamo sfacciato e scostante, ma in breve tempo si evita la facile trappola dell'artista maledetto, mostrandocelo in sprazzi di vitalità commoventi, che si tratti di un ballo al concerto o dei teneri momenti con un bambino. Bridges vincerà finalmente l'Oscar (nessun dubbio a proposito) ed è completamente meritato.

Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza gli altri membri del cast, soprattutto Maggie Gyllenhaal, che alterna momenti incantevoli e toccanti facendo diventare più complesso un ruolo di base non memorabile. E anche il cammeo che dà vita al celebre cantante Tommy Sweet (l'attore che lo interpreta viene tenuto nascosto nel materiale stampa e non saremo noi a rivelarvelo) rappresenta un'ottima scelta.

Così come ottimo è il lavoro sulla colonna sonora, realizzato dall'ormai leggendario T-Bone Burnett e dal compianto Stephen Bruton, che dà vita a una serie di canzoni memorabili (tra cui The Weary Kind, favorita agli Oscar). Il tutto senza eccedere  in sentimentalismi. In questo aspetto, siamo molto distanti da The Wrestler e ognuno potrà giudicare se è una scelta positiva o meno (personalmente, preferivo il titolo di Aronofsky). Fa piacere anche l'occhio attento da parte del regista esordiente Scott Cooper ai suoi personaggi, tanto da non lasciarsi andare a voli pindarici ed eccessivi. Di sicuro, ennesimo colpo della Fox Searchlight, che conferma di essere l'etichetta migliore nel lanciare i film per i riconoscimenti di inizio anno e per ottenere anche dei buoni incassi con dei budget minuscoli...

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