Nel suo nuovo film Besson torna ad occuparsi di criminali, cercando di unire storia americana a tocco francese trasferendo stereotipi newyorkesi in un contesto da commedia francese...
Nell'altalenante filmografia di Luc Besson una cosa sola rimane certa, il regista dà il meglio di sè con il cinema criminale, i film di gangster e le storie para-neo-post-noir. Non è un caso infatti che Cose nostre, nonostante sia una commediola dai risvolti pseudotragici (qualcosa che guarda più ai lavori di Martin McDonagh come In Bruges o Sette Psicopatici che alle vere commedie), si presenti come il suo film più riuscito dai tempi di Leon (cioè dal 1994). Non è nemmeno un caso che dietro quest'agile commediola euro-americana ci sia come produttore esecutivo (leggi: ci ha lavorato davvero) Martin Scorsese.
Di Scorsese
Cose nostre ha l'atteggiamento quasi nostalgico e amorevole con cui i criminali e quel tipo di sottocultura italoamericana viene dipinta (altro invece, specie nella parte di presa in giro bonaria, viene dal romanzo
Malavita di
Tonino Benacquista che è il testo di partenza), di Besson al contrario il film ha il piacere di mettere in scena e di lavorare con gli attori.
Robert De Niro in particolare, meno svogliato del solito, si trova a ripercorrere in un certo senso, il finale di
Quei bravi ragazzi: è un boss che, dopo aver collaborato con la giustizia per incastrare parte dei suoi sodali di un tempo, viene inserito nel programma protezione testimoni assieme alla sua famiglia e spedito così nel notoriamente inospitale nord della Francia. Lì cerca di vivere una vita normale ma a lungo andare non riesce a tollerare la vita normale, fatta di piccoli soprusi subiti dall'autorità e prese in giro. Proprio lo spunto dei criminali messi a contatto con una vita priva delle agevolazioni che il crimine consente sembra la scintilla centrale del film. In un momento di metacinema sfiorato, il personaggio di
De Niro è anche invitato in un cineforum dove finirà per vedere proprio
Quei bravi ragazzi.
Ad un livello più elevato (ma non sempre centrato) l'idillio di provincia rovinato dall'arrivo della mala vuole mettere in contrasto non solo due stili di vita ma anche due generi cinematografici che appartengono a luoghi diversi. Il cinema dei gangster solitamente localizzato in luoghi come New York che si trasferisce nella terra della commedia francese per eccellenza (almeno negli ultimi anni grazie al successo di Giù al Nord) e, come una volta i Marx portavano ovunque anarchia e caos, i gangster italoamericani portano il loro genere in mezzo ai francesi da commedia.
Purtroppo la fusione non è sempre perfetta e accanto a un'idea generale interessante e stimolante, le singole storie che orbitano intorno a quella principale (la moglie e dei due figli alle prese con scuola e iniziazione alle regole criminali) sono molto più deboli.