Corpse Bride

Un giovane in procinto di sposarsi fa le prove del matrimonio in un bosco, mettendo l’anello su un ramo. Peccato che in realtà abbia scelto il dito di un cadavere e si ritrovi così una moglie defunta. Un cartone interessante, ma decisamente sopravvalutato

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Bisogna fare molta attenzione a leggere le recensioni della stampa italiana (ma, in questo caso, anche internazionale). La convinzione che ormai mi sono fatto è che non conti più molto la bravura cinematografica, ma altri fattori, decisamente più personali. Tim Burton (e nel discorso metto anche Charlie e la fabbrica di cioccolato, onesta ma tutto sommato inutile nuova versione del romanzo di Roald Dahl) è un cocco della critica internazionale e i motivi sono semplici. Si tratta di un regista sicuramente più intelligente e colto del 95% dei suoi colleghi statunitensi, con un occhio decisamente rivolto all’Europa (il film è infatti ispirato ad una fiaba russa). E’ sempre dalla parte dei deboli, sia che vengano martoriati dai loro coetanei giocatori di football che da ricchi e spietati nobili, come in questo caso. E poi, fa film in animazione in passo uno, scelta tradizionalista, anche se per alcuni sembra che sia l’unico a compiere questa scelta (d’accordo non conoscere Svankmajer, ma almeno la Aardman…). Figuriamoci se la stampa italiana (in particolare quella più nerd) non poteva mancare di eleggerlo santo.

Ma ci sono due realtà da tener presente. La prima è che è veramente difficile considerare Burton l’autore del film e non Mike Johnson. Sì, l’apporto e le idee di Burton sono indiscutibili, ma pensate veramente che, mentre era impegnato nella produzione di Charlie, avesse anche il tempo di badare a questo progetto in maniera approfondita?
E poi, francamente, è dai tempi di Ed Wood che Burton non fa più un film degno dei suoi vertici (Edward mani di forbice e Batman – il ritorno) e purtroppo Corpse Bride (a chiunque lo si voglia attribuire) non fa eccezione.

Ci sono decisamente dei momenti divertenti e non mancano i personaggi carini, così come i momenti musicali degni di questo nome (almeno, nella versione originale). Ma ci sono anche tante cose telefonatissime, in una sceneggiatura che sembra scritta da un sedicenne che ha appena visto tutta la filmografia di Burton e si è comprato un manuale di script (e neanche dei migliori).
L’incontro tra vivi e morti ha una conclusione solo apparentemente inaspettata. Così come la sorpresa sulla morte della sposa cadavere non è certo tale. E alcune scelte del protagonista lasciano assolutamente esterrefatti.

Inoltre, la pellicola sembra un bignami di buona parte della filmografia di Burton. Era ovvio che i rimandi a Nightmare Before Christmas ci sarebbero stati (quantomeno per il mezzo espressivo utilizzato). Ma bisognava proprio riprendere un cane molto simile a quello? E Victor deve essere goffo come Edward (ed essere sempre interpretato da Johnny Depp?)? E la cena di Beetlejuice andava fatta a cartoni?
Ma, quello che sorprende, è che in fin dei conti sembra mancare l’elemento caratteristico di Burton, ossia il dark. Sì, ci sono vermi che escono dagli occhi dei cadaveri e altre immagini macabre simili, ma in realtà i finali agrodolci a cui ci aveva abituato il regista (come quello, perfetto, di Edward mani di forbice) sono stati sostituiti da conclusioni all’acqua di rosa (discorso valido anche per Charlie).
Per carità, non c’è da fasciarsi la testa, si tratta di una pellicola vedibile. Ma, per piacere, il termine capolavoro teniamolo in serbo (speriamo) per Wallace & Gromit

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