The Contractor, la recensione

Una sceneggiatura sconfortante non viene risollevata nè da Tarik Saleh (a disagio con l'azione) nè dal solito insulso Chris Pine

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di The Contractor, dal 15 giugno su Prime Video

Che Chris Pine sia in china discendente non è difficile capirlo dai film che fa. Ma anche all’interno di queste produzioni disastrate le sue prestazioni si distinguono quanto a scarsa capacità di incidere e totale assenza di carisma nonostante continui ad essere preso come attore protagonista. Sarà ben presto evidente anche in The Contractor, sia da solo (una scena in cui guarda un video da cui capisce la verità è un inferno di espressioni ridicole) che di fronte a Ben Foster (attore non eccezionale ma di grande efficacia) e soprattutto quando entra in scena l’unica persona che reciti seriamente in tutto questo film, Eddie Marsan. Lui che la natura ha condannato ad un volto e un fisico che gli impediscono di poter essere protagonista ma che ha delle doti tali da risollevare qualsiasi film, nelle poche scene concesse mostra un’umanità eccezionale e riempie davvero lo schermo.

Sono gli scampoli di cui ci si deve accontentare guardando The Contractor, film di Tarik Saleh (molto poco a proprio agio rispetto ai toni decisamente più centrati di Boy From Heaven) scritto con particolare inettitudine da J. P. Davies. Non solo ci sono raccordi di montaggio sulle sparatorie che impediscono la comprensione, perché le linee di tiro non sempre corrispondono e non si capisce bene chi punti chi, ma anche più in generale il desiderio di essere asciutto e secco porta alla noia e non al suo opposto. The Contractor vorrebbe guardare un uomo, un militare che è costretto a lavorare per i privati e fare cose che non vorrebbe, mentre con metodo e silenzio lentamente compie atti che gli corrompono l’anima. Lo stato che vessa invece che aiutare, visto minuto per minuto.

È qualcosa di simile a Boy From Heaven, di cui torna anche Fares Fares (ma con un ruolo piccolo), cioè il racconto della corruzione delle istituzioni che lentamente finisce per scavare dentro le persone al loro interno, metterle al muro e corromperle, nonostante non lo vorrebbero. Ma è proprio la cornice d’azione ad essere pessima, perché la tensione Saleh potrebbe pure gestirla, solo che con un cast così generico, con una storia così sconfortante e con un genere in cui sembra perso, anche le sue doti non possono emergere e si limita, se non altro, a mandare in porto un film di cui nessuno si ricorderà.

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