Confess, Fletch, la recensione

Terzo film della serie dedicata al detective giornalista, Confess, Fletch arriva anni dopo i precedenti e con un nuovo cast che non gli dona

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Confess, Fletch, il film con Jon Hamm in uscita su Paramount+ il 4 maggio

Se il personaggio di Fletch suona vecchio stampo è perché viene dal passato. Realmente. Era stato protagonista di un paio di film negli anni ‘80 con Chevy Chase, due commedie investigative nate per replicare e capitalizzare il successo di Beverly Hills Cop, solo con un altro comico del Saturday Night Live che non fosse Eddie Murphy. Ora Jon Hamm (che il film l’ha anche prodotto) riprende questo strano personaggio di giornalista d’inchiesta che indaga e che viene dai romanzi di Gregory McDonald. Solo che in questo terzo film a lui dedicato non è nemmeno un giornalista, è un ex giornalista, non ci sono più le inchieste a margine dei casi, non c’è più l’interazione con una redazione, c’è solo l’indagine e quell’atteggiamento scanzonato e sfrontato di Fletch.

Stavolta c’è un caso di omicidio nel mondo del mercato d’arte, Fletch sembra il principale imputato e come sempre la cosa non lo preoccupa né lo tange ma deve condurre le sue indagini con metodi non convenzionali e molte finte identità con la polizia alle calcagna. Greg Mottola fa di tutto per levare gli anni ‘80 da questo personaggio e dargli un senso oggi, Jon Hamm fa di tutto per avere un senso in una parte che proprio non sembra fatta per lui, quella di uno scemo ma sveglio, cretino con acume, ma nel complesso il problema di Confess, Fletch è di non essere divertente come sarebbe il caso e come desidererebbe e di non fare nemmeno vera investigazione. Che è un problema per una detective comedy.

Nei precedenti Fletch (che non erano eccezionali) Chevy Chase se non altro prestava la sua personalità comica al personaggio, che in questa maniera riusciva ad averne una, al di là di un atteggiamento stralunato. Jon Hamm non ci riesce, non recita male (ovviamente) ma non riesce a creare un personaggio che abbia un carattere nonostante l’evidente impegno profuso. Cosa che per un detective è un problema. È semmai Mottola a trovare un minimo di senso nel momento in cui sembra aver impostato tutto sui comprimari, su una galleria di incontri e personaggi che sono sempre più interessanti, più divertenti e più originali del detective. E alla fine hai la sensazione di aver visto un film corale anche se non lo era veramente.

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