Coney Island, la recensione

Chi è a digiuno dell'ultimo progetto della Sergio Bonelli Editore, le Miniserie, farebbe bene a recuperare il titolo d'esordio: Coney Island

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


Condividi

Il primo numero di Tropiacal Blues di Luigi Mignacco e Marco Foderà è uscito a giugno e in edicola è già in vetrina il secondo, dal 25 luglio scorso. Chi è a digiuno dell'ultimo progetto di Sergio Bonelli Editore, Le Miniserie, che vanno a sostituire i Romanzi a fumetti, farebbe bene però a recuperare il titolo con cui questa formula inedita della casa editrice milanese ha esordito: Coney Island.

È firmata da un veterano come Gianfranco Manfredi, che con La pupa e lo sbirro ci sposta dall'Africa del suo Adam Wild all'America degli anni '20. Finiamo in una metropoli mito di allora e di oggi: New York. Il quartiere che dà il nome all'opera tripartita ospita il primo parco divertimenti al mondo, nato nel 1895, anche se è solo all'inizio del secolo successivo che diventa una leggenda, tanto da esprimerne il sinonimo per antonomasia: Luna Park. È lo specchio degli Stati Uniti di quegli anni, fatto di miseria e splendore, benessere e criminalità, sogno e disperazione. La pupa è Brenda Young e lo sbirro Jack Sloane. La prima incarna almeno a prima vista, la fragile, sprovveduta ragazza di provincia, il secondo il poliziotto duro e puro. Entrambi nascondono un carattere e un passato più complesso, sono tutti da scoprire. La vicenda prende forma e si sviluppa durante lo strabiliante spettacolo di magia di Mister Frolic, abituato ad attrarre sempre un nutrito pubblico di spettatori. Anche l'illusionista cela un'insospettabile e sorprendente doppia identità, così come il collega motociclista Speedy, la cui spericolata esibizione è una delle attrazioni più seguite insieme a quella del mago.

Il secondo volume, Al Capone ringrazia, ci accompagna letteralmente dietro le quinte dello show, mostrandocene i dettagli più divertenti e curiosi, alimentando l'intreccio e aggiungendovi ragguardevoli dettagli sui protagonisti e il coinvolgimento della malavita. Attacco al luna park porta a termine le trame intessute per quasi 200 pagine, riservando un finale impensabile all'inizio della storia.

La verità non è mai ciò che appare a una prima percezione; può essere questo in sintesi estrema il nucleo del messaggio che emerge dal fumetto di Manfredi. L'autore si diverte a proporre i punti di vista dei vari personaggi, a giocare e rimescolare le chiavi interpretative, riuscendo a spiazzare il lettore. È un esperimento interessante, in cui crimine, mistero e un pizzico di sovrannaturale sono gli ingredienti per una versione moderna di una tipica situazione hard boiled, dove non mancano i giustizieri mascherati, antesignani dei futuri supereroi. Il mestiere e la classe del compianto Giuseppe Barbati (questo è il suo ultimo lavoro) e di Bruno Ramella, due colonne di Magico Vento, completano e confezionano il debutto del nuovo prodotto Bonelli. Le premesse sono ottime.

Continua a leggere su BadTaste