Conann, la recensione

Nuova tappa del viaggio di Mandico nello slittamento di generi e codici, Conann mostra una notevole caratterizzazione dei personaggi

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La nostra recensione di Conann, presentato nella sezione Quinzaine des cinéastes del Festival di Cannes 2023

"Il futuro è donna": con questo slogan si chiudeva Les Garçons Sauvages, primo lungometraggio di Bertrand Mandico, in cui i ragazzini protagonisti diventavano a poco a poco femmine. Così si verificava poi nel pianeta del successivo After Blue, abitato solo da donne, e anche nell'universo di questo Conann, dove l'assenza di uomini è un fatto ormai dato per scontato, tanto lo è quello che i personaggi possono assumere ruoli, funzioni, cliché cinematografici dell'altro sesso, a partire dalla stesso personaggio del titolo, ora una ragazza. Così vediamo lei e chi le sta intorno brandire le spade e fare duelli, guidare auto da corsa e sparare con il fucili.

il cineasta francese riparte infatti dal romanzo di Robert E. Howard e ancora prima dall'originale mito celtico, da cui ricava la doppia N del nome. Del film con Arnold Schwarzenegger non rimane che l'assunto di partenza: la ricerca di vendetta da parte della protagonista dopo che i barbari hanno ucciso il genitore (qui solo la madre); tutto il resto in Conann è puro Mandico, in un nuovo capitolo del suo percorso di trasmutazione di codici sessuali e cinematografici. Se il film di John Milius giocava sull'esaltazione della virilità del protagonista, qui è tutto all'insegna della fluidità e dei sentimenti. Seguiamo dunque Conann alla ricerca della responsabile e poi in un viaggio che la vedrà confrontarsi soprattutto con se stessa.

Ancora una volta, è dal word-building e dalla riconoscibile estetica che Mandico parte per dare fascino alla storia. In Conann, come in Les Garçons Sauvages, a prevalere è il bianco e nero con brevi intermezzi a colori, tutto girato in pellicola con forte senso di artigianalità e di trucchi palesemente artificiosi. Si inizia in un'Aldilà che sembra una versione glamour di Jodorowsky, poi si passa ad un fanta-western vicino a After Blue per arrivare anche su una Terra ritratta con modalità retro-futuristiche punk. C'è la consueta cura per il trucco e parrucco, la ricerca di soluzione visive strabilianti che giocano sull'unione di confezione laccata e contenuto crudo, di patina glitterata ed elementi sudici. La novità è che Conann non esaurisce qui il proprio potenziale.

La peculiarità del film sta infatti nel raccontare uno slittamento che non è più solo di genere e di linguaggio (si passa senza soluzione di continuità dal francese all'inglese, come nei lavori precedenti), ma anche d'età e di razza. La protagonista incontra le reincarnazione di sè stessa in diversi fasi della vita e ogni volta quella anziana deve uccidere quella più giovane per poter sopravvivere e mantenere il proprio potere. Così come è costretta fare con una versione afrodiscendente che ad un certo punto compare nelle vicende. Anche la trasformazione sul finale non riguarderà più, come in Les garçons, il passaggio dall'uomo alla donna, ma quello dalla vita e la morte.

Inoltre, il film presenta nella seconda parte un'aspetto meno presente negli altri film di Mandico: un'approfondita caratterizzazione dei personaggi. Questi, seppur derivanti dal mito, arrivano ad avere uno spessore, che a sorpresa, porta a un notevole trasporto emotivo e a consistenti colpi di scena allo svolgimento. Conann è segnata da un destino che non le piace, costretta a seguire Rainer (il guardiano dell'Oltretomba) che le ricorda come è necessario rinunciare all'amore per perseguire la propria vendetta. Per continuare a vivere e a crescere deve continuare a uccidere, fino a quando non deciderà di venir meno al proprio fato. Così in Conann i personaggi non sembrano essere stati concepiti come funzione dello stile e del discorso del regista, ma al contrario spunto di partenza per quest'ultimi.

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