Conan il Cimmero vol. 8: Intrusi a palazzo, la recensione

L'ottavo volume della collana Conan il Cimmero lascia estasiati per la grande qualità delle tavole di Paolo Martinello, valore aggiunto di un storia un po' traballante

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Conan le Cimmérien: La maison aux trois bandits, anteprima 01

Si intitola Intrusi a palazzo l’ottavo volume della collana Conan il Cimmero, edita da Star Comics. Come ormai dovreste sapere, questi volumi cartonati portano in Italia gli adattamenti realizzati per il mercato francese dalla Glénat delle storie originali di Robert E. Howard. In quest’occasione, tocca allo sceneggiatore Patrice Louniet e al disegnatore nostrano Paolo Martinello cimentarsi con una delle storie più atipiche del barbaro, pubblicata originariamente sulle pagine della rivista Weird Tales nel 1934.

Ci troviamo in una città-stato non precisata, sita tra Zamora e Corinthia, dove incontriamo un Conan decisamente più selvaggio e incontrollabile rispetto alle precedenti incarnazioni; in particolare, lo vediamo compiere dei furti insieme ad altri ladri locali. Ben presto, però, si ritroverà suo malgrado al centro di uno scontro di potere tra il prete rosso Nabonidus e l’aristocratico Murilo, in una lotta che vede l’hyboriano più spettatore che protagonista.

"Nonostante una storia un po' traballante, l'ottavo volume di Conan il Cimmero rimane un'esperienza appagante grazie alle splendide tavole di un Martinello in stato di grazia"Quest’ultimo aspetto è quello che maggiormente colpisce: Conan appare quasi ai margini della vicenda, osservatore disinteressato di un conflitto che mette in risalto la natura corrotta della società civilizzata e dei suoi poteri: tanto quello politico (rappresentato da Murilo) quanto quello religioso (incarnato da Nabonidus). Gli intrighi di palazzo, i trucchetti e la falsità che animano i corridoi dei palazzi e delle cattedrali della città-stato, corrodono l’animo puro dei suoi cittadini, rappresentati come un caravanserraglio di vili, meschini e bruti mistificatori.

Emblematico di questa parabola è la vicenda del gorilla Thak che, salvato in tenera età dal prete, viene allevato e cresciuto come un umano; in età adulta, però, si ribella al suo padrone e tenta di impossessarsi del controllo della città. Tramite questa figura, Howard (e Louniet poi) vogliono sottolineare come la civiltà corrompa anche l’animo più puro, spingendolo a compiere i crimini più efferati in nome di un dio falso e inconsistente.

Nonostante una costruzione a tratti confusionari che, soprattutto nella sua parte centrale, risulta farraginosa, riusciamo a rintracciare la poetica howardiana, ritroviamo quegli elementi che da sempre caratterizzano l’operato della sua creazione. A dispetto delle altre volte, però, in questa storia questi aspetti emergono non grazie all’operato del barbaro ma evidenziando la negatività di due personaggi che si fanno carico di tutti i difetti dell’umanità.

La non immediatezza della storia rende la lettura pesante, a tratti dispersiva ma, a rendere l’esperienza di lettura comunque appagante e perfettamente il linea con quanto letto finora, ci pensa l’ottimo Martinello, autore di una prova superba. Le sue tavole sono perfette per immortalare scenari così oscuri e pieni di insidie: il segno dell'artista nostrano è impeccabile tanto nel tratteggiare l'espressività e la recitazione dei personaggi, sia per caratterizzare gli interni dei palazzi della città. Il tratto rotondo, morbido riesce a imprimere grande dinamismo anche nelle scene più concitate, rivelandosi impeccabili in ogni circostanza.

Poco da aggiungere a un volume che, nonostante una storia un po' traballante, rimane un'esperienza appagante grazie alle splendide tavole di un Martinello in stato di grazia.

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