Conan il Cimmero vol. 1: Colosso nero, la recensione

Abbiamo recensito per voi Conan il Cimmero vol. 1: Colosso Nero, di Vincent Brugeas e Ronan Toulhoat

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Nel sentir pronunciare il nome di Conan il Barbaro veniamo travolti da un’orda di immagini, tante sono le versioni e gli adattamenti delle avventure del guerriero hyboriano creato da Robert E. Howard. Più di un medium ha offerto al grande pubblico la propria interpretazione del personaggio, riuscendo in questo modo a tenere accesa la memoria dello scrittore americano.

La casa editrice francese Glénat ha dato il via a un’importante iniziativa che vede coinvolti ben dodici team creativi impegnati a trasporre in balloon altrettante storie apparse originariamente sulla rivista pulp Weird Tales a partire dal 1932. In Italia, la collana Conan il Cimmero è proposta da Edizioni Star Comics che ha da poco pubblicato i primi due volumi: La regina della costa nera, di Jean-David Morvan e Pierre Alary, e Colosso nero, di Vincent Brugeas e Ronan Toulhoat, di cui andiamo a parlarvi.

Il sonno della principessa Yesmala è turbato dalla comparsa di un oscuro demone che risponde al nome di Natohk, risvegliato inavvertitamente dal ladro Shevatas. Persuasa dalla sua ancella, la reggente del piccolo regno di Khoraja ha interpellato l’oracolo del dio Mitra, il quale, al fine di debellare questa nefasta minaccia, le ha suggerito di affidare la guida del suo esercito al primo uomo che avrebbe incontrato. Quell’uomo si rivela essere Conan, in città perché in servizio presso i mercenari di Amalric. L’improvviso fardello non ha intimorito il Barbaro, deciso a non lasciare sola la giovane donna e a condurne l’esercito contro i regni del Sud. Ha così inizio la più classica delle avventure sword and sorcery. Di indole solitaria e poco avvezzo a mettere radici o a ricoprire ruoli di comando, Conan decide di non declinare l'invito della principessa, nonostante la missione appaia tutt’altro che agevole, e di fronte alla corruzione dei costumi, all’ozio e alla dissolutezza di nobili e dei soldati, si impone con la sua nobiltà d’animo.

La storia ricalca quella scritta da Howard rispettandone i punti salienti. Nel solco brillantemente tracciato dal creatore del Cimmero, Brugeas è abile nel delineare un personaggio fedele alla sua caratterizzazione primigenia, il quale, nonostante abbia svolto lavori poco virtuosi (ladro, pirata e mercenario), non perde occasione di mostrare la sua enorme umanità e il proprio spirito di sacrificio. Senza alcun timore, Conan affronta demoni e mostri di ogni sorta, certo che chi si trova di fronte “è solo un uomo. E se è già morto una volta può benissimo morire una seconda”; aspetto emblematico della sua semplicità e del suo modo di agire a dir poco risoluto.

Rispetto alla versione classica del personaggio offerta da John Buscema sulle pagine di Savage Sword of Conan – seguita anche da Tomás Giorello nel suo adattamento di Colosso nero – quella di Toulhoat risulta decisamente più rude, a sottolineare il vissuto travagliato e movimento del personaggio. Quest’aspetto in particolare, apre a un'iterazione adulta di Conan che non stona nell’impianto narrativo imbastito da Brugeas. Lo stile dell’artista francese è fortemente radicato nella tradizione della bande dessinée e, grazie a un sapiente utilizzo dei colori, riesce a enfatizzare le concitate scene di guerra, le sequenze di dialogo e quelle orrorifiche in tavole dal notevole impatto visivo.

Senza dubbio, la componente artistica rappresenta quel qualcosa in più che rende estremamente piacevole la rilettura di uno dei racconti di maggior successo dell’hyboriano.

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