Con tutto il cuore, la recensione

Il potere percepito che cade in testa ad un mite protagonista cambia tutto nella sua vita, ma Con tutto il cuore è troppo concentrato su questo per vedere altro

Critico e giornalista cinematografico


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Con tutto il cuore, la recensione

Questa volta il protagonista di un film di Salemme non è Vincenzo Salemme stesso, nonostante sia la persona con il maggior numero di battute e minutaggio in scena, e non lo è nessuno degli altri attori principali coinvolti nella trama. Questa volta, molto più che in passato, anche più che in Cose da pazzi, è il mondo intorno al protagonista, il complesso delle comparse e delle spalle che compongono la realtà con cui si confronta ogni giorno, ad essere il protagonista. È su di loro che l’arco della storia di Con tutto il cuore ha un vero effetto, è su di loro che si misurano i cambiamenti portati dallo sciogliersi dell’intreccio.

Ottavio Camaldoli è infatti un professore di greco, volutamente un relitto di un’altra era, una persona corretta, civile e remissiva in un mondo (Napoli) che invece professa furbizie, interessi personali, nessun attaccamento alla collettività e gusto della prevaricazione tramite un’esaltazione di scorciatoie come la furbizia o le raccomandazioni. È la Napoli dello stereotipo contro cui Salemme da anni combatte nei suoi film, e alla quale oppone sempre i suoi personaggi. In questo film la prende ancora più di petto, perché quando al professore viene impiantato tramite operazione chirurgica il cuore di un malavitoso clinicamente morto (l’ha voluto la madre del boss perché così lui potrà vendicarlo con il suo cuore ancora dentro) e la cosa si viene a sapere, l’atteggiamento di tutti cambia.

Nei film di Salemme spesso il denaro è la ragione che muove le persone e uno strumento di cambiamento, l’unico orecchio da cui tutti ci sentono, qui lo stesso effetto lo si ottiene con il potere. Tutti si illudono che il professore sia ora affiliatissimo alla camorra e di colpo lo rispettano, lo adorano, alcune donne si eccitano. Nessuno lo prevarica, nessuno gli passa avanti, nessuno lo prende in giro. Sono tutti ai suoi piedi e lui inizia a godere di quei frutti. Anche la persone più integerrima viene corrotta dal potere percepito. Così un film che in altre mani sarebbe stata la storia di un uomo mite a cui viene chiesto di uccidere qualcuno e delle difficoltà di portare a termine un compito duro e d’azione da chi non è abituato, in questa commedia diventa la storia di come in un sistema di valore irrimediabilmente sovvertito gli cambi la vita la sola idea che possa essere “qualcuno”.

Che Salemme non sia per niente serio con la malavita non ce lo dice solo il fare da commedia e l’umorismo ma, già dalla primissima scena, lo stile da operetta (o da sceneggiata forse è meglio) con il quale è messa in scena la camorra, più tradizionale che moderno, più espressionista e caricato che realmente pericoloso. Del resto quando viene anche solo spiegato che il cuore del figlio andrà nel corpo di un’altra persona compaiono arpeggi di chitarra e mandolini in sottofondo. Indugiare nella tradizione della messa in scena è un piacere che il film si concede e sembra figlio del fatto che tutto nasce come un suo spettacolo teatrale e tutto ad esso deve rimanere legato.

Tantissimo (forse troppo) minutaggio va nella descrizione di come il protagonista sia vessato dallo stereotipo in cui indugiano le persone intorno a lui, dall’inciviltà diffusa, senza nessun interesse per la trama criminale o lo scambio di persona annunciato all’inizio e lasciato in sospeso per tantissimo tempo. Senza dire di quanto è sacrificata la parte con Serena Autieri. Slegata da tutto e ininfluente.
Sembra di capire che forse in Con tutto il cuore a funzionare poco è proprio il genere e l’impianto scelto per questa storia. Forse quello della parodia di una favola era meglio, visto come in fondo, il cuore ricevuto dall’intervento funziona come un potere magico che la boss/strega gli garantisce e che, in un certo senso, poi si rivolta contro di lui.

In tutto questo Vincenzo Salemme come sempre cerca di fare il meglio ma più ancora che in passato il suo umorismo si fa personale, lasciato all’estro e a qualche interazione o battuta, mai alle situazioni, tutto di recitazione, mai di scrittura (figuriamoci di regia!). Sempre di più sembra di vedere un’improvvisazione, per quanto studiata, e meno dei film.

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