Community (quarta stagione): la recensione

Dopo l'allontanamento di Dan Harmon la serie non è riuscita a riprendersi: risultato è una stagione disastrosa

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Six seasons and a movie. C'era tanto in queste cinque parole: c'era la speranza di riuscire a far avverare un sogno che sembrava irrealizzabile, c'era la forza di trattare (senza ipocrisia e quasi senza che ce ne accorgessimo) il tema della diversità e dell'inadeguatezza, c'era la voglia di tornare bambini, quando – con poca logica ma molta immaginazione – riuscivamo a far vivere ai nostri personaggi le più grandi avventure senza lasciare la nostra stanza. C'era, appunto. Perché oggi l'unica cosa che è rimasta dopo una stagione semplicemente disastrosa come la quarta di Community è la rabbia e l'amarezza.

Community banner

Rabbia per un esito che in qualche modo era prevedibile fin dalla notizia degli screzi con Chevy Chase ma soprattutto dell'allontanamento dell'imprescindibile – la stagione lo ha dimostrato – Dan Harmon. Amarezza per quella che probabilmente è la migliore fan base televisiva in assoluto, numericamente inferiore rispetto a quella di corazzate ormai arrugginite come The Big Bang Theory o How I Met Your Mother ma decisamente più partecipativa e legata allo show (basti pensare a come Journey to the Center of Hawkthorne sia diventato una realtà o a come la serie abbia trionfato al recente sondaggio indetto da Hulu sbaragliando i vari Sherlock, Game of Thrones, Breaking Bad e altri).

Ad essere onesti, il disagio generale provato verso queste tredici, stanche puntate parte da considerazioni precedenti alla sua travagliatissima messa in onda. Fucili puntati sull'esordio di questo Community 2.0, santino di Harmon in mano e intoccabilità delle tre stagioni precedenti (che pure, sinceramente, avevano avuto i loro episodi fiacchi). Settimana dopo settimana tuttavia il clima di attesa e di speranza, questo voler "salvare il salvabile", questa fase di rodaggio perenne dello show non è riuscito né a costruire qualcosa di nuovo (è chiara la volontà di mantenere fedele lo zoccolo duro piuttosto che cercare nuovi adepti), né a porsi nella scia dello stile seguito fino a quel momento.

E siamo ben aldilà di un lapidario "manca qualcosa" che archivi la pratica con semplicità e quasi indifferenza. Ché non si può essere indifferenti verso uno show che ha dato così tanto e che oggi può essere definito come la darkest timeline di se stesso. È infatti una comedy che riflette sui propri meccanismi nel tentativo di riproporli ma riuscendo a scalfire solo la superficie mancando completamente il nucleo che guidava una serie di trovate, le animava, le amalgamava. Prova ne è il fatto che le idee di partenza di molti di questi episodi siano anche azzeccate a modo loro (gli Hunger Games di History 101, la parodia di Un pazzo venerdì in Basic Human Anatomy, le coincidenze che legano il gruppo in Heroic Origins), ma sviluppate in maniera precaria, svogliata, poco divertente, quasi che la semplice intuizione iniziale basti a compensare il resto dell'episodio.

A mancare sono soprattutto i personaggi. Drammatica la situazione di Pierce, con Chase che in alcune puntate viene liquidato con una battuta per poi scomparire per il resto dell'episodio e che per due puntate addirittura non appare per nulla. In pratica i retroscena della produzione che irrompono nella scrittura della serie. È una sensazione quasi disturbante vedere uno show che da un lato ha sempre marcato esplicitamente i meccanismi televisivi e il loro svolgersi sfondando la quarta parete, arrendersi dall'altro lato ad affrontare una delle situazioni tipiche di molti show (l'abbandono di un membro del cast), con una simile indifferenza e inadeguatezza.

Molto straniante è anche lo sviluppo della storia d'amore fra Britta e Troy (mai approfondita e mai mostrata al punto che, quando i due si lasciano, semplicemente non cambia nulla a livello di rapporti). Un Abed che appare come dovrebbe soltanto nelle ultime due puntate andate in onda e che per il resto vede penalizzata la sua sfera emotiva e il suo sviluppo come personaggio da una visione più estremizzata di sé che pone l'attenzione solo sulle sue piccole grandi manie e peculiarità esagerandole all'inverosimile. Idem per Troy (molto più stupido) e per Annie (molto più "awww"), mentre Shirley spesso e volentieri finisce sullo sfondo.

Pregi sparsi qua e là: Jeff, protagonista di Advanced Introduction to Finality, la migliore delle tredici, ne esce tutto sommato degnamente. Idem per Chang (anche se la sua storia si interrompe troppo bruscamente), reintrodotto nella banale Advanced Documentary Filmmaking ma in grado di tirare fuori qua e là dei momenti divertenti nel resto della stagione (sarà che basta la faccia di Ken Jeong a far ridere), o per qualche bel momento di regia in Intro To Knots (episodio ispirato a Killing Mrs. Tingle). In ogni caso nulla che permetta ad una sola di queste puntate di entrare nella top ten dei nostri episodi preferiti.

Qui finisce Community, anzi no. Che, con l'unico supporto del possibile ritorno di Harmon a tener viva la speranza per la serie di risollevarsi, lo show è stato rinnovato per una quinta stagione. Rabbia? Certo. Amarezza? Molta. Ma tanto lo sappiamo che, come Jeff, anche una volta laureati non riusciremo a lasciare andare questo gruppo e torneremo a trovarli anche l'anno prossimo, fino al traguardo ormai non così irraggiungibile che appare scritto nell'ultima puntata sulla lavagna alle spalle di Jeff: six seasons and a movie.

Continua a leggere su BadTaste