Comme un fils, la recensione

In Comme un fils, Vince Lindon è nuovamente solo contro tutti per aiutare un giovane immigrato, in un film però molto convenzionale

Condividi

La nostra recensione di Comme un fils, presentato alla festa del cinema di Roma 2023

Durante una cena con colleghi, Jacques (Vincent Lindon) espone a uno di loro la sua concezione di insegnamento: non basta valorizzare gli studenti più bravi, l'importanza è aiutare quelli più in difficoltà. L'impressione (fastidiosa) è che il suo personaggio stia parlando direttamente allo spettatore, illustrando, più che il suo carattere, il tema della storia. E quando infatti, poco dopo, Victor, quattordicenne rom alle prese con piccoli furti, bussa alla sua porta, l'uomo non esiterà ad accoglierlo e a decidere di dedicare tutto il suo tempo ad aiutarlo.

Quattordici anni dopo Welcome, Vincent Lindon è ancora una volta (almeno inizialmente) solo contro tutti per aiutare un giovane immigrato, ma se in superficie Comme un fils condivide alcuni aspetti con il celebre film di Philippe Noiret, non ne è che una pallida copia. Racconta infatti la classica storia di due figure apparentemente distanti che finiscono per incontrarsi e imparare ciascuno qualcosa dall'altro: Victor a leggere e scrivere, Jacques ad aprirsi di nuovo al mondo e superare il lutto della moglie morta in un incidente stradale. Non propone alcuna deviazione da questo tracciato, anzi ricorre a facili espedienti, come il netto contrasto tra fredde istituzioni, a cui non interessa il destino dei rom, e l'accogliente associazione a cui Jacques finirà per rivolgersi, che offre nozioni di base ai bambini immigrati prima di inserirli a scuola. Chiara la morale delle vicende (è l'impegno dei singoli a fare la differenza e ad essere un concreto sostegno) ma anche troppo schematico lo svolgimento e la disposizione delle forze in campo.

A Comme un fils non interessa nemmeno essere un ritratto accurato delle periferie, argomento spesso affrontato dal cinema francese contemporaneo. Il regista Nicolas Boukhrief guarda dall'esterno il contesto che rappresenta e sembra non capirlo, né almeno provare a farlo. Lo zio di Victor, che costringe con la violenza il ragazzo a rubare, viene infatti rappresentato come incarnazione del male senza che mai venga assunto il suo punto di vista, così come la realtà della comunità rom rimane sullo sfondo, rapidi squarci che non lasciano il segno. Del resto, Comme un fils si focalizza soprattutto sul personaggio di Jacques, mettendosi al servizio del suo interprete molto dedito a ruoli e storie ( almeno all'apparenza) impegnati, preferendo così proporre un'edificante parabola piuttosto che scavare in temi molto complessi.

Continua a leggere su BadTaste