Come può uno scoglio, la recensione

Nonostante non ci sia grande spazio per le risate, Come può uno scoglio si professa commedia e promuove il peggio come risposta a tutto

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Come può uno scoglio, il film di Pio e Amedeo in uscita in sala il 28 dicembre

Massì! Perché non fare un bel viaggio verso sud? Una cosa originale che non fa nessuno nelle commedie italiane. Una fuga dalle falsità e dai simulacri moderni delle città del nord, verso uno stile di vita più tradizionale e quindi autentico nella provincia meridionale. Per non essere più succubi delle eredità paterne (e delle donne!!) e diventare veri uomini. Un viaggio in cui magari a un certo punto lanciare un cellulare in mare, un classico per le commedie in Italia (i cui mari sono stati riempiti di cellulari dalle produzioni, dai primi Nokia fino ai moderni iPhone) che pensavamo non avremmo più visto e invece a quanto pare ancora ha da dire la sua.

Pio e Amedeo stavolta veramente decidono di non inventare niente di niente di niente. Riusano sia lo schema della commedia degli ultimi 15 anni, sia quello delle loro solite interazioni. Uno dei due è un popolano e l’altro è un popolano ripulito (il che significa che entrambi alla fine sono popolani), e il primo insegna al secondo a vivere in modo più schietto, promuovendo sottobanco tutto quello che in realtà sarebbe condannabile, dietro la scusa della spontaneità e della veracità, della furbizia e dell’intelligenza ignorante. Che stavolta l’intreccio faccia di uno un ereditiere e dell’altro il suo autista pregiudicato importa poco, come importa poco che nessuno provi a interpretare ma si limitino a riproporre personaggi (il momento più basso è quando recitano gli ubriachi, lì l’imbarazzo per interposta persona è quasi da tapparsi gli occhi).

Come può uno scoglio è una commedia che prima di tutto non fa ridere, anche prescindendo dalle inclinazioni umoristiche di ognuno. Non fa ridere perché proprio contiene poche battute e poche situazioni divertenti, ben isolate e chiare. Quelle da usare nei trailer. È un film che si basa sull’unico concetto che guida Pio e Amedeo ed esalta il loro pubblico: la celebrazione della scaltrezza. Il loro modello non è quello di Checco Zalone, loro non sono l’ingranaggio che intoppa la società con il fine di svelare l’idiozia dei loro stessi personaggi, caratterizzati per rappresentare ampie fette della società (che poi è l’eredità classica della commedia italiana in cui i protagonisti sono mostri). Pio e Amedeo svelano l’ipocrisia degli altri esaltando i loro di personaggi, ci tengono ad affermare soprattutto che il vivere coatto (di modi, di usi e di mentalità) è più vicino a una dimensione onesta e schietta della vita, e quindi a una furbizia sempre istintiva e mai informata, che è vincente per definizione.

Nonostante nei loro film spesso si dovrebbe ridere delle cretinerie dei loro personaggi, alla fine questi sono sempre assolti in virtù del risultato. Ce la fanno e quindi avevano ragione a essere così, e avevano ragione a essere così perché sono come siamo sempre stati. Opposti ai modernismi che ingrigiscono, opposti a qualsiasi novità, opposti allo stile di vita internazionale, opposti ai mutamenti, rivendicano quelle che poi sono le caratteristiche dominanti della società (e così facendo pettinano il loro pubblico), fingendo che queste siano sotto attacco dalle élite. Paladini del verace contro il sofisticato, nei film di Pio e Amedeo finalmente i più impongono ai meno l’esaltazione di quello che sono senza mai aver scelto di esserlo.

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