A come Ignoranza 1, la recensione

Panini dà il via alla sua nuova rivista umoristica, A come Ignoranza di Daw...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Daw non sa disegnare i nasi.
Daw è diventato virale sul web, ma dalle vignette "Ti Amo - Cazzi Tuoi" ad una serie regolare in edicola c'è una bella differenza.
Daw non sta pianificando una saga come Leo Ortolani, non ha creato un universo narrativo come i Paguri, non ha alle spalle un personaggio di successo come Giacomo Bevilacqua. Ma Panini Comics, che sta esplorando da tempo il filone umoristico puntando su promettenti autori italiani, ha deciso di affidargli una nuova testata bimestrale, forte del successo di A come Ignoranza sul web e con gli albi pubblicati da ProGlo.
Ma come comporre l'indice? Che storie proporre? Quale sentiero intraprendere?

Il primo merito dell'albo, che si nota già sfogliandolo distrattamente, è l'assenza di rubriche, articoli o altri espedienti riempi-spazio: 64 pagine -tutte- di fumetto. Daw riesce a confezionare un albo simile sfruttando alcuni fumetti già realizzati in passato, con una formula che gli permette di farsi conoscere da chi si avvicina per la prima volta all'autore con questa serie, ma senza scontentare i fan che lo seguono già da tempo.
La prima parte dell'albo raccoglie quattro storie brevi, che vanno dalle due pagine alla decina di pagine, episodi autoconclusivi a base di umorismo surreale e non-sense: un uomo poco interessante, un taglio di capelli in grado di trasformare in un cattivo da film anni '80, un dottorato che tutto può e una famiglia impegnata in uno scontro violento. Sono alcune tra le prime storie di Daw, completamente ridisegnate per l'occasione: nel tempo trascorso dalla prima versione di queste storie il tratto del fumettista si è evoluto, abbandonando gli omini iper-stilizzati in favore di piccoli personaggi più caratterizzati, pur rimanendo nella semplicità umoristica. Dal punto di vista grafico le tavole sono ora più gradevoli e dignitose per una pubblicazione da edicola, ma lo stile di disegno può ancora migliorare. La scrittura invece appare già più matura, con idee folli, ottimi tempi comici e un buon utilizzo del maggiore spazio a disposizione per sviluppare le storie.
A queste storie brevi seguono tre blocchi di strip provenienti da altrettante serie pubblicate online: Il misterioso papero del giappone, Sick sick sick, Animaletti Crudi. In questo caso si tratta del materiale che i lettori hanno già visto, senza alcun ritocco grafico, riproposto ora in formato cartaceo dopo l'esordio in Rete.

Confesso che prima dell'edizione Panini Comics non mi ero mai avvicinato seriamente a Daw, pur avendomi strappato un sorriso in più di un'occasione: qualche striscia online, i suoi spassosi volantini promozionali in fiera, qualche volume sfogliato rapidamente, ma solo adesso mi sono seduto con un suo albo tra le mani da leggere con calma dall'inizio alla fine, per scoprire questo autore.
Durante la lettura del volume ho riso, ho apprezzato molti elementi demenziali dei racconti brevi e delle strisce... ma mi è sorto più di un dubbio sulla natura della testata: storie e strip che si susseguono senza alcun collegamento, non c'è un cast fisso né un mondo definito in cui si svolgono le diverse storie.
A Come Ignoranza in formato cartaceo può davvero essere considerata una serie a fumetti? Ha senso in un bimestrale in edicola? La testata si presenta come un'antologia della produzione di Daw, tanti piccoli assaggi della sua produzione, per un autore che però qui è al suo esordio davanti al grande pubblico. L'impressione è che manchi una vera e propria portata principale: prendendo come esempio il Rat-Man di Leo Ortolani, il bimestrale Panini ha raccolto molto materiale extra realizzato dall'autore (Venerdì 12, L'Ultima Burba, Quelli di Parma, ecc.) ma il lettore sa che le avventure del supereroe in calzamaglia gialla sono il fulcro della rivista e tutto il resto è un "di più".
Mentre procedo nella lettura, godendomi il fumetto ma con queste domande che mi ronzano nel cervello, arrivo alla terza parte dell'albo: l'inedito creato per l'occasione da Daw, un'unica storia di una ventina di pagine. In Fare Storie l'autore si pone le stesse domane che mi erano sorte: come il Fellini di 8 e 1/2 ha fatto un film sul suo non avere un'idea per un film, Daw mette su carta il suo dubbio sul contenuto che dovrebbe avere questa testata. Il mix tra autobiografia e fumetto non è qualcosa di particolarmente originale - ci siamo abituati a vedere Leo Ortolani o Zerocalcare disegnarsi alle prese con le scadenza delle consegne o con la crisi da foglio bianco - ma il modo in cui è portato avanti lo rende ugualmente interessante: dietro la comicità demenziale di Daw si può leggere qualcosa di più personale: il rapporto con la famiglia, la tenacia nell'inseguire il suo sogno, l'esperienza con una piccola casa editrice...
Devo ammettere che con questa ultima storia, Daw mi ha convinto. Tutte le riluttanze che mi erano sorte sono svanite e al loro posto è spuntata una pura fiducia nei confronti dell'autore. All'improvviso la confezione "A come Ignoranza - Numero 1" ha conquistato una sua identità, una forma sensata.
Ma Daw non ha trovato una soluzione definitiva ai suoi quesiti, ed è difficile immaginare che questo dilemma meta-fumettistico possa continuare a lungo.
Con gli stessi occhi con cui si osserva affascinati il funambolo in bilico sulla fune aspetto di leggere il secondo numero, per vedere come proseguono le avventure di un fumettista alle prese con una missione più grande di lui.
E lo dico senza un pizzico di sadismo, ma con la consapevolezza che rischiando in grande si possono ottenere grandi risultati.

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