Colpo di fulmine - La recensione

Un uomo finisce in prigione per un truffa e lì si innamora di un altro prigioniero, per cui farà delle follie. Dopo tante traversie produttive e distributive, la pellicola con Jim Carrey è decisamente meglio di quello che si poteva pensare...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Colpo di fulmine
RegiaGlenn Ficarra, John Requa
Cast
Jim Carrey, Ewan McGregor, Leslie Mann, Rodrigo Santorouscita2 aprile 2010 La scheda del film

Difficile pensare a un film più massacrato di Colpo di fulmine, traduzione italiana di I Love You, Phillip Morris. Fin dalla sua presentazione al Sundance del 2009, quello che sembrava poter essere un titolo importante si è ritrovato con delle potenzialità commerciali molto incerte e dei giudizi poco favorevoli.

Eppure, il film è molto meglio di quanto si sarebbe potuto sperare, anche se ovviamente non mancano i problemi. Ma quello che bisogna notare immediatamente è l'enorme coraggio di Jim Carrey. Non sono tanti gli attori-star disposti a mettersi in gioco nel ruolo di un truffatore-omosessuale (peraltro con qualche problema psicologico non indifferente) e di certo non è una parte che va a braccetto con i film per famiglie che alzano notevolmente il suo cachet. Ma, ormai è anche inutile dirlo, Carrey è sicuramente interessato a migliorare la sua carriera in ogni modo e a prendersi dei rischi (capito, Will?). Alla fine, ne viene fuori un ritratto di truffatore quasi artistico, che rende il Frank Abagnale interpretato da DiCaprio in Prova a prendermi un innocuo burlone. Peccato solo che l'ottima prova del protagonista non sia supportata da quella del suo 'amato', che ha il volto di Ewan McGregor, che poteva decisamente far meglio.

L'altro grande pregio della pellicola è il modo in cui viene raccontata. Il tono surreale e folle per certi versi è anche meglio di quello di Babbo bastardo (la precedente prova come sceneggiatori dei realizzatori Ficarra e Requa) ed è notevole il modo in cui si riesce a passare da un tono a un altro completamente diverso nel giro di pochi secondi. Così, si dà vita a un romanticismo originale, tentando di fare qualcosa di nuovo con un argomento trito e ritrito come l'amour fou. Intendiamoci, non è tanto questione di omosessualità, quanto soprattutto di parlare di temi delicati e profondi con sullo sfondo un ambiente crudo come la prigione. Tutto questo accennando anche a un discorso intelligente sulla società americana contemporanea e su quello che si è disposti a fare pur di arricchirsi.

Quello che invece funziona meno è quasi sempre frutto dei problemi produttivi che la pellicola ha vissuto. E' chiaro che il film è stato rivisto dopo l'accoglienza ricevuta, come dimostra la scena in cui si scopre l'omosessualità nascosta del protagonista, che non è presente in questa versione (e anche se certo non era da grande pubblico, funzionava in maniera efficacissima). Certo, non si può esserne sicuri, ma una fretta in alcuni passaggi (come per esempio l'arrivo in prigione all'inizio o le varie fughe successive) sembrano proprio il frutto di un lavoro supplementare in sala di montaggio.

Inoltre, in certe situazioni l'eccezionalità della vicenda non viene trattata bene e anche se ci hanno assicurati che tutto questo è avvenuto realmente ("davvero, davvero"), non tutto risulta credibile. E quella che doveva essere la parte più emozionante verso il finale della pellicola, in realtà non riesce a esprimere perfettamente le sue potenzialità.

Alla fine, comunque, uno spettacolo gradevole e simpatico, senza enormi picchi ma senza neanche i crolli che ci si potevano aspettare. Per un titolo che è diventato quasi 'maledetto', bicchiere mezzo pieno insomma...

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