Collective, la recensione

Con un accesso incredibile a eventi, persone e svolte, Collective racconta uno scandalo nazionale da protagonista, come un film di finzione

Critico e giornalista cinematografico


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Il primo riferimento che viene in mente guardando Collective è Steven Soderbergh per la passione verso lo svelarsi di un complotto, per la lotta dei singoli contro le istituzioni che sembrano sempre più contorte che umane. Ma è solo la prima impressione. Più Collective avanza più è chiaro che ci si trova di fronte a qualcosa di diverso dal solito, probabilmente il documentario più memorabile che vedrete quest’anno.
Memorabile per la storia che svolge davanti ai nostri occhi (uno scandalo sanitario che diventa nazionale, governativo e umano, una storia che ancora sta rivoltando la Romania) e per come la svolge, per la gradualità con cui arriva a dimensioni giganti e per l’accesso fuori dalla grazia di Dio che ha agli eventi. A parte l’incidente iniziale (un incendio in un club chiamato Colectiv) questo documentario non fa raccontare niente a nessuno, non ci sono momenti in cui un intervistato a parole rievoca dei fatti. Come nei film di finzione tutto, anche gli eventi più incredibili, avviene davanti all’obiettivo.

Il secondo riferimento che viene in mente è Frederick Wiseman, la sua abilità nel riprendere le istituzioni mettendosi in un angolo e riuscendo a montare insieme le conversazioni così che siano sempre chiare e naturali. Questa storia di un’inchiesta che è essa stessa l’inchiesta, dalla scoperta che dopo l’incendio molti ustionati sono morti perché gli ospedali erano pieni di flaconi di disinfettante diluito al 10% fino su alle implicazioni del governo e all’insediamento di un nuovo governo tecnico con l’ambizione di ripulire tutto, è la cronaca pornografica del tentativo di pulire un sistema corrotto una conversazione e una domanda alla volta.

La troupe di Alexander Nanau non solo sta al fianco dei giornalisti investigativi che abbattono il governo e suscitano lo scandalo nazionale, ma poi diventa l’ombra del nuovo ministro della sanità, assistendo a telefonate, incontri e svolte impensabili. Cosa bisogna fare? Come si decide chi sarà parte di un nuovo management? Come si svicola la corruzione in un sistema endemicamente corrotto? Tutto questo è mostrato con tecniche da Wiseman, con l’apparente semplicità che necessita di grande complessità per essere raggiunta, come se il documentario fosse in grado ogni volta di selezionare lo scambio di battute più chiaro che spiega tutto.

E bisogna dirlo forte che Collective è un documentario (da noi disponibile sulla piattaforma IWonderfull), perché vedendolo è facile dimenticarlo. Non solo la presenza dell’obiettivo nei momenti clou è solitamente riservato ai film di finzione ma anche il lento svelarsi di un complotto gigante ricorda il noir losangelino in stile Chinatown, quello che parte da una questione piccola e poi svela implicazioni sempre più grosse in un mondo marcio.
Un finale in linea con il noir poi chiude la partita di questa cronaca di fatti realissimi realizzata con fortuna, abilità e conoscenza della lingua del cinema per somigliare ad un film di finzione e dire così molto più dei soli eventi. Mentre scava nei fatti, Collective inevitabilmente scava negli animi, suscita domande politiche ma ancora di più domande umane.

Se ne esce affranti e sbigottiti e come sempre alla fine di un noir, un po’ più disillusi sulle persone, i loro abissi insondabili e quanto di meschino gli esseri umani siano disposti a fare o non fare per il proprio tornaconto.

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