Cocainorso, la recensione
Una storia e una scrittura che mirano al delirio vengono ricondotti ad un cinema rassicurante e così Cocainorso suona sempre fasullo
La recensione di Cocainorso, il film diretto da Elizabeth Banks in uscita al cinema il 20 aprile
Elizabeth Banks si trova a dirigere uno script (di Jimmy Warden) che unisce stereotipi da film di paura con storielle familiari, personaggi simpatici e tanta cocaina sniffata ed esseri umani smembrati. Sceglie di farlo con luce chiara e illuminazione da commedia, sceglie di far recitare gli attori in campi larghi e inquadrature lunghe e sceglie un tono da cinema in vacanza, da commedia leggera, contando che le sporcature di sangue e gore non stoneranno ma anzi saranno qualcosa di rinfrescante. Non è proprio così.
Proprio gli elementi eccitanti del film, cioè il fatto che sia pieno di bambini che sniffano cocaina e orsi che mangiano interi panetti di droga, sono quello che dovrebbe renderlo controcorrente, un po’ anarchico e punk, perché si capisce dallo spirito della scrittura, non giudica né guarda tutto questo come un dramma. Tuttavia lo stesso Cocainorso riesce a essere un film permeato da uno spirito e uno humor da mamme. È girato per essere rassicurante, a prescindere dal fatto che quel che accade non lo sia, e questo aumenta l’impressione che sia tutto finto, che quella droga non sia vera droga, che nessuno di quelli che dovrebbero essere strafatti per tutta la trama lo siano davvero. Lo vediamo avvenire ma non ne vediamo le conseguenze e quindi è fasullo, artificioso e (entro i limiti del film) una truffa. Si viene attratti da una promessa di delirio e nonostante nella trama avvenga, non percepiamo mai che è un vero delirio.