Cocaine: La Vera Storia di White Boy Rick, la recensione
A partire da una storia vera Cocaine: La Vera Storia Di White Boy Rick non riesce ad operare la trasformazione in film di una parabola umana
Del resto tutto Cocaine è una ricostruzione di un fatto vero che si basa più sulle maschere e i personaggi che sulla situazione e l’interazione. La storia di una famiglia mediamente derelitta che si rivolge regolarmente al crimine di piccola taglia con l’aspirazione di sfondare nello spaccio, non vale tanto per quel che accadrà ma per come reagiranno questi personaggi estremi, duri e presentati come imprevedibili.
A mancare però è proprio il film.
C’è un’ottima ricostruzione d’epoca, ci sono le questioni criminali e quelle di polizia, c’è l’umorismo amaro e anche un nucleo familiare sui generis che rimane unito. Manca ciò che dà un senso alla loro parabola, manca una costruzione coerente e appassionante delle loro vicende.
Potrebbe essere un film di David O’Russell, in cui dietro moltissimo trucco e protesi le interazioni familiari dicono tutto quello che dobbiamo sapere sul mondo dei protagonisti, se solo sapesse concentrarsi su quell’aspetto invece di disperdere le proprie energie in giro.
La mancanza di un arco narrativo vero che renda Cocaine digeribile comincia a farsi sentire dopo i primi 90 minuti, esaurito l’effetto piacevole, gli spunti strani e l’umorismo. A quel punto il film annaspa e comincia a sparare un po’ in tutte le direzioni, salvo arrivare a fine corsa rifugiandosi negli sguardi enigmatici del protagonista verso una bandiera americana che sventola. Che è davvero poco per un film che invece partiva con tutte altre ambizioni e tutt’altro stile.
L’umiliazione finale poi sarà, nelle ultime inquadrature, ridursi a filmare i primi piani delle gocce di lagrime che scendono sul viso.