Cobweb, la recensione
Per quanto la trama sia avvincente e la dimensione comica accattivante, in Cobweb lo stile di Kim Jee-woon perde in forza visiva, l’autore mostra e parla di cinema continuamente ma non riesce a costruirci sopra un discorso forte e coerente.
La recensione di Cobewb, film di Kim Jee-woon presentato a Cannes 76
Per quanto la trama sia avvincente e la dimensione comica accattivante, in Cobweb lo stile di Kim Jee-woon perde in forza visiva, l’autore mostra e parla di cinema continuamente ma non riesce a costruirci sopra un discorso forte e coerente.
Per quanto si speri il contrario, Cobweb è invece decisamente più attaccato al reale di quanto non lo sia all’idea di finzione. Il film è tutto incentrato sugli intrighi tra i personaggi, gag, situazioni comiche e fraintendimenti che sono in sé spassosi (l’executive dello studio che crede si tratti di un film anti-comunista, l’attore che pensa di essere un detective, l’astio tra l’attrice protagonista e la giovane produttrice) ma che a conti fatti non portano da nessuna parte se non verso una risoluzione puramente narrativa, mai stilistica o più profondamente riflessiva.
La trama si prolunga ad oltranza - più di due ore, tantissimo per una commedia a ritmo slapstick - per arrivare (questa è l’impressione) in un certo modo al finale che poi vedremo, per fare coincidere passato/presente/aspirazione cinematografica secondo una precisa immagine allegorica. Il fatto è che lo sforzo che fa Kim Jee-woon per arrivarci sembra esagerato se confrontato con la poca soddisfazione estetica che regala. Nemmeno Song Kang-ho, ridotto alla macchietta di un personaggio sempre “in potenza”, riesce a spiccare.
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