Cobain - Montage of Heck, la recensione
Vuole essere il documentario fondamentale sul leader dei Nirvana Cobain - Montage of Heck, e forse lo è, ma non senza fastidiose velleità psichiatriche
C'è un'indubbia qualità nel cercare di fare reverse engineering di un essere umano a partire da ciò che ha prodotto e nel caso specifico l'identità tra produzione musicale e atteggiamento nei confronti della vita del leader dei Nirvana stimola ancora di più l'operazione. Non solo le canzoni (da quello si è partito quasi sempre negli ultimi 20 anni) ma soprattutto i disegni, le frasi abbozzate, i pessimi video digitali e poi anche il materiale di repertorio più noto come le interviste televisive o le parti famosissime (l'Unplugged di MTV), tutto viene frullato in ordine cronologico ma non narrativo. L'obiettivo è dare un senso a tutto questo materiale per come si è evoluto (per l'appunto l'ordine cronologico) ma non avere una narrazione vera e propria, cercare di giustapporre idee e stimoli per ricostruire una personalità. Alti e bassi emotivi, momenti bui e piccole rinascite.
Con velleità psichiatriche da amatore Brett Morgen cerca di trovare i moventi, le cause e le spiegazioni alle azioni di Cobain da quel che ha in mano con una meccanicità fastidiosa. Mette in correlazione diretta video tristi con una depressione, frasi disperate con la disperazione e al contrario, video felici con il ritorno della speranza nella vita del cantante, come se sul serio fosse possibile comprendere la complessità di motivazioni, frustrazioni, desideri e aspirazioni unicamente da materiale consultabile.