Club Zero, la recensione

La nostra recensione di Club Zero, film di Jessica Hausner presentato in concorso a Cannes 76. Con Mia Wasikowska

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La recensione di Club Zero di Jessica Hausner, presentato in concorso a Cannes 76

È paradossale tanto quanto una teoria del complotto ciò che insegna Miss Novak (Mia Wasikowska) ai ricchi figli dell’élite che frequentano le sue lezioni di “conscious eating”: mangiare sempre meno fa bene, basta crederci. E, se si avrà abbastanza fede nell’idea in sé, sarà addirittura possibile  sopravvivere senza mangiare mai nulla.

Si tratta di un’evidente fesseria, uno scenario grottesco intorno al quale Club Zero di Jessica Hausner monta un j’accuse contro la società altrettanto stupido, arrogante (perché si crede chiaro nei suoi intenti argomentativi, senza esserlo affatto) e tanto pericoloso quanto ciò che denuncia. Un’invettiva generica che punta il dito a casaccio contro ricchi genitori egocentrici che non sanno ascoltare i loro figli, vittime di un’ignoranza sentimentale a cui sopperiscono con un’ignoranza de facto (sono seriamente convinti che mangiare faccia male, ma si riducono evidentemente alla fame - lo vediamo).

Club Zero, linguisticamente, è un film che si vuole inserire nella tradizione del cinema del grottesco, molto più vicino a Ruben Ostlund che a Yorgos Lanthimos, o all’ultimo Ari Aster. Le scenografie minimali (quanto la colonna sonora) e le prospettive geometriche non possono però bastare, creare un tono non può sostituire la costruzione di un discorso. Un discorso che Hausner nemmeno si prende il rischio di sbagliare, perché semplicemente non esiste, non si formula mai: né con la risata, né con il perturbante, né con la paura.

Miss Novak è qui l’emblema del “complottismo tutto” (l’ha trovata un genitore, guarda caso, su internet), un personaggio senza passato e che funziona solo come forza narrativa antagonistica. Questa sua vuotezza poteva anche funzionare, ma il modo in cui i ragazzi - veri protagonisti - si relazionano a lei non ci racconta assolutamente nulla su di loro, sulle loro idee, su come il fatto che siano plagiati cambi loro e il mondo in cui vivono.

Le intenzioni di Club Zero, è evidente, erano quelle di farci riflettere mostrandoci un conflitto senza risoluzione. Il problema grave è che mettendo in dubbio la realtà di ciò che vediamo accadere (è un continuo chiedersi: ma sta mentendo o è un miracolo?) Jessica Hausner perde il controllo, non sa neanche bene lei cosa stia succedendo e così il film stesso diventa un grande complotto surreale, uno di quelli dove i punti di riferimento non esistono, formalmente non può essere capito ma nonostante ciò chiede allo spettatore la fiducia e la fede per farsi amare. Come Miss Novak, Jessica Hausner (che ne sia consapevole o no) con questo film si limita ad invitarci nel suo club di adepti, ci mette nella scomoda posizione di una superiorità intellettuale forzata a suon di derisione: quella di chi è convinto di essere moralmente meglio di tutti gli ignoranti.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Club Zero? Scrivetelo nei commenti!

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